Bce, il bazooka abbatte l'utile. Per l'Italia crolla il dividendo

Il piano di acquisto titoli con rendimenti nulli provoca la discesa da 130 a 15 milioni. E ora caleranno gli aiuti

Bce, il bazooka abbatte l'utile. Per l'Italia crolla il dividendo

Nessun pasto è gratis, c'è sempre un prezzo da pagare. Anche alla Bce. Il piano di acquisti anti-pandemia (il cosiddetto Pepp), ha garantito stabilità finanziaria all'eurozona nel momento in cui i conti pubblici si gonfiavano di debiti, ma con uno sgradevole effetto collaterale: l'anno scorso gli utili dell'Eurotower si sono quasi prosciugati. Colpa dei tassi di rendimento, quasi tutti negativi sui titoli di cui la banca guidata da Christine Lagarde (in foto) ha fatto incetta a partire dal marzo 2020, dei minori introiti dalle riserve in valuta estera e dalle coperture predisposte per difendersi dai rischi derivanti dall'intensa attività di shopping.

A conti fatti, i profitti si sono assottigliati a 192 milioni di euro, una cifra esigua se paragonata agli 1,643 miliardi del 2020. Di qui l'assioma, elementare: meno soldi, meno dividendi da distribuire alle banche centrali nazionali azioniste di Francoforte. Anche perché la Bce ha deciso di tenere a riserva buona parte del tesoretto, riservando per i «soci» poco meno di 200 milioni. Col suo 12,5% di capitale, Bankitalia incassa quindi appena 15 milioni contro l'assegno di 130 milioni ricevuto l'anno prima. Quattrini che via Nazionale, da sempre una sorta di bancomat per il Tesoro, «girerà» allo Stato sotto forma di una cedola che nel 2021 era stata pari a 5,9 miliardi.

Insomma: verrebbe da dire che la Bce ci ha fatto meno ricchi, ma sarebbe ingiusto. Se al dilagare del Covid il Pepp fosse rimasto nel cassetto delle buone intenzioni, il disastro sarebbe stato assicurato. Se mai ne servisse una prova, basterebbe prestare l'orecchio agli scricchiolii che arrivano dagli spread proprio mentre il piano da 1.850 miliardi è ai titoli di coda (finirà in marzo) e sul tavolo è arrivato anche il tema spinoso dei rialzi dei tassi come mezzo di contrasto all'inflazione. Durante la fase più acuta della pandemia la Bce ha invece dato prova di una compattezza mai vista, e di cui già si vedono le prime smagliature. Lo dimostra un bilancio che lo scorso anno è cresciuto di 111 miliardi passando in 12 mesi da 569 a 680 miliardi. Ma il calcolo va fatto a più largo spettro, cioè tenendo conto del contributo offerto dalle singole banche centrali (che comprano il 90% dei titoli inseriti nei programmi di aiuto dell'Eurotower), per un bilancio consolidato salito a 8.566 miliardi, 1.600 miliardi in più rispetto al 2020, una cifra superiore al Pil delle quattro principali economie di Eurolandia, ovvero Germania, Francia, Italia e Spagna (8.390 miliardi nel 2020). Pur non essendo, in base allo statuto, un creditore di ultima istanza e avendo come solo obiettivo la stabilità dei prezzi, la Bce ha assicurato un'azione di sostegno talmente potente da superare per intensità quella della Federal Reserve, il cui bilancio ammonta ai 8.900 miliardi di dollari, vale a dire meno di 7.900 miliardi di euro.

Questo bilancio ipertrofico andrà

sgonfiato, ma è necessario che la riduzione avvenga in modo graduale e che una cospicua riserva sia mantenuta per evitare contraccolpi nella gestione del debito pubblico. Anche a costo di distribuire dividendi sempre più magri.

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