Camilla Conti
Oggi il cda del Monte dei Paschi ratificherà la scelta del successore di Fabrizio Viola al timone della banca con la «benedizione» della Bce. Il favorito Marco Morelli - ora in Merrill Lynch ma assai discusso in questi giorni per i suoi trascorsi senesi come vicedirettore generale del Monte ai tempi di Giuseppe Mussari - ieri è volato a Francoforte con il numero uno di Mps, Massimo Tononi, e il presidente del comitato nomine Alessandro Falciai. L'iter - prima il passaggio all'Eurotower, poi il board sulla nomina e infine l'ok definitivo della Vigilanza unica - non è casuale: dal 4 novembre del 2014 la Bce ha assunto su di sé la supervisione unica delle big europee del credito, compresa Siena, togliendola a Bankitalia. Ed è stato Mario Draghi a spingere per una nuova fase di fusioni e acquisizioni, a partire proprio da Siena, in modo da rimettere in moto anche il credito alle imprese necessario per la ripresa economica. Essendo il maxi-riassetto di Mps cruciale per il sistema bancario non solo italiano ma europeo, l'ultima parola spetta quindi alla banca centrale. Per questo sarebbe azzardato attribuire a Matteo Renzi la scelta del nuovo ad di Rocca Salimbeni (di cui, ricordiamolo, oggi il Tesoro possiede il 4%). Anzi, secondo quanto sottolineano fonti finanziarie al Giornale, il premier avrebbe gradito che Viola rimanesse al suo posto. Anche in veste di commissario. Non solo.
L'incarico affidato a Morelli è destinato a durare solo pochi mesi. Ovvero fino all'arrivo di un nuovo socio di riferimento o di un partner che si prenderà la banca finalmente ripulita dalle sofferenze. Quel cavaliere bianco che, investendo, vorrà giustamente decidere a chi affidare la rotta. «E se il cavaliere non arriverà, a cadere non saranno solo gli scranni ma una banca intera. Più che i manager, conta chi metterà i soldi per tornare alla redditività», aggiunge la fonte.
Ieri sul rilancio del Monte è intanto intervenuto il direttore generale di Intesa e presidente di Banca Imi, Gaetano Miccichè, apprezzando l'«avvicendamento manageriale che genera una importante discontinuità» e sottolineando che l'operazione di Montepaschi, «come altre che vi sono non solo in Italia ma anche in Europa, è molto importante e delicata, quindi deve realizzarsi bene, nei tempi dovuti».
Il banchiere, gran tessitore di relazioni, ha avuto un ruolo centrale nel catalizzare investimenti stranieri a livello di sistema. C'è, ad esempio, chi lo indica tra i registi dell'ingresso in Italia del fondo messicano Fintech, oggi socio al 2,4% di Mps (era entrato con il 4,5% comprando le quote dalla Fondazione con la quale aveva stretto un patto di sindacato insieme ai brasiliani di Btg). Micciché è soprattutto reduce dalla vittoria sul campo di Rcs al fianco di Urbano Cairo contro la cordata di Bonomi e dei soci storici del Corriere della Sera tra cui Mediobanca. Ovvero l'advisor di Mps nonché il partner scelto da Viola per la piattaforma di gestione dei crediti deteriorati prima che scendesse in campo il fondo Atlante (al quale Piazzetta Cuccia non ha contribuito con un «obolo» come invece hanno fatto altre banche). Ieri Miccichè ha invocato «una gestione attenta e proattiva degli npl che consenta agli istituti maggiori ritorni su quei crediti che appesantiscono i bilanci». E parlando di Rcs lo ha definito «uno schema ripetibile» augurandosi che «nel futuro vi siano altri casi come quello di Cairo».
Le lancette sembrano tornare indietro agli scontri fra finanza bianca e rossa che hanno animato la stagione finanziaria dal 2005 al 2007 e che hanno visto Rcs, Mps e di riflesso anche
Generali e Telecom al centro del campo. Ma ora c'è un nuovo giocatore, ovvero il mercato. Vince chi ci mette i soldi. Sul Corriere la partita è stata chiusa con successo da Cairo. Sul Monte si sta giocando adesso. Poi, si vedrà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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