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Bce, esplode la protesta: "Stipendi troppo bassi"

Concesso un aumento in busta paga del 4% ma i dipendenti si lamentano per l'inflazione

Bce, esplode la protesta: "Stipendi troppo bassi"

Come direbbero quei due «maître à penser» di Cochi e Renato, «il malumore serpenteggia tra le file» della Bce. Colpa della diuturna contrapposizione fra falchi e colombe sui tassi? Screzi attribuibili alla temperatura dei termosifoni in tempi di crisi energetica? Caffè imbevibile al distributore automatico? Piva lunga per assegnazione dei parcheggi come da manuale Cencelli? Macché, trattasi di tensioni causate dalla vil pecunia. Sarà pur vero che non olet, ma più ne hai, e più il denaro ha un buon profumo. Buona parte dei dipendenti dell'Eurotower sente invece olezzo di fregatura. Il 15 di questo mese i dipendenti dello staff hanno ricevuto in busta paga un aumento del 4% e spiccioli, un incremento ritenuto insufficiente contro il logorio del carovita moderno. Il gap rispetto all'inflazione in Germania, all'8,6% in dicembre, è infatti superiore ai quattro punti. Ma Francoforte, almeno finora, è rimasta sorda alle richieste di ritocchi più consistenti.

Del resto, la lotta alla spirale prezzi-salari si combatte cominciando dall'impronta calvinista imposta fra le mura domestiche. E ciò sembra aver mandato su tutte le furie Ipso, il sindacato che all'interno della banca guidata da Christine Lagarde detiene sei dei nove seggi del comitato del personale. Così, ecco l'urlo di protesta levarsi da un sondaggio secondo cui il 63% dei circa 1.600 interpellati si dichiara preoccupato per la capacità della Bce di proteggere il potere d'acquisto dei suoi dipendenti. Gente con «payroll» di varia consistenza. Si parte da un compenso minimo di 2.700 euro lordi al mese, per arrivare ai quasi 5.200 euro degli economisti e degli addetti stampa, ai 7.350 euro dei «lead advisor» e fino ai 12.675 euro delle figure più apicali. Nella maggior parte dei casi stipendi non proprio da fame, ma comunque ben distanti dai 500mila euro annui percepiti da Madame Bce.

Con l'aria che tira dal fronte dell'inflazione, sarà comunque difficile che l'Eurotower decida di allargare ulteriormente i cordoni della borsa. Come sui tassi, destinati a salire ancora non si sa per quanto, postura rigida e respingimento di chi chiede di allentare la morsa. Anche perché «la Cina si sta risvegliando e comprerà più gas naturale liquefatto, in un mercato che non ha molta capacità produttiva inutilizzata di petrolio e gas. Ci saranno più pressioni inflazionistiche», è stato ieri il monito da Davos con cui la presidente dell'istituto di Francoforte ha fatto eco ai timori manifestati giovedì scorso dal presidente della Fed di St. Louis, James Bullard. D'altra parte, il contenimento salariale interno è anche un modo per dare l'esempio ai governi. Vietato quindi scantonare sui conti pubblici. «Spero - ha detto la Lagarde - che le politiche di bilancio che verranno adottate non spingano la politica monetaria a dover fare di più» per contenere la corsa dei prezzi. Cioè a inasprire ancor di più il livello dei tassi. Tra le montagne svizzere si continua intanto a ragionare sulla piega, migliore del previsto, presa dalla congiuntura. Ma giusto per spegnere entusiasmi eccessivi, Kristalina Georgieva, numero uno del Fmi, ha riportato tutti coi piedi per terra: «Dobbiamo stare attenti a non passare da un eccessivo pessimismo a un eccessivo ottimismo. Serve un sano realismo che è nel miglior interesse del mondo». Il Fondo, infatti, non vede «miglioramenti drastici» rispetto all'attuale previsione di crescita globale per il 2023, pari al 2,7%, e al 4,4% per la Cina.

Per lasciarsi andare alla òla c'è tempo.

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