C'è chi discrimina anche fra i perseguitati

C'è una guerra, terribile, spaventosa, disumana, e bisogna fermarla subito. Ma genocidio significa sterminio programmatico di un popolo in quanto tale, una cosa diversa da una guerra cruenta

C'è chi discrimina anche fra i perseguitati
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Caro direttore Feltri,
ogni giorno sentiamo parlare di «genocidio» a proposito di Gaza. Lei è una persona onesta intellettualmente, mi chiedo: è davvero in corso un genocidio?
Grazie in anticipo per la sua chiarezza.

Alessandra Romano

Cara Alessandra,
la tua domanda è limpida ed essenziale. E io rispondo con altrettanta semplicità: no, non c'è un genocidio in corso a Gaza nel senso giuridico e fattuale del termine. C'è una guerra, terribile, spaventosa, disumana, e bisogna fermarla subito. Ma genocidio significa sterminio programmatico di un popolo in quanto tale, una cosa diversa da una guerra cruenta. Non siamo di fronte a uno sterminio volontario, basato su un disegno di eliminazione di massa a causa della nazionalità, ma a una rappresaglia militare, sia bene inteso: rappresaglia da condannare, ma da distinguere da una cancellazione etnica o razziale. Mi chiedo perché i popoli occidentali stiano manifestando tale spirito solidale nei confronti dei palestinesi e tacciano invece sui cristiani perseguitati nel mondo. Ci sono perseguitati di serie a e perseguitati di serie b, evidentemente. Ecco i numeri agghiaccianti di un fenomeno che non suscita né indignazione né solidarietà: 380 milioni di cristiani subiscono gravi persecuzioni soltanto per la loro fede; 4.476 cristiani sono stati uccisi nell'ultimo anno per motivi religiosi; si registrano circa 5.000 morti all'anno, ossia 1213 vittime al giorno, come testimoniano e documentano organismi internazionali. E questo va avanti da lustri, non da due anni. Ma tutti, Chiesa cattolica inclusa, si sensibilizzano solo quando si parla di Gaza. Aggiungiamo poi i 7.679 attacchi contro chiese, i 209.771 profughi religiosi e migliaia di incarcerazioni arbitrarie. Eppure su tutto questo non sentiamo la parola «genocidio». Nessuna manifestazione, nessuna campagna internazionale, nessun appello virale. Solo silenzio, quando non indifferenza. Nel frattempo, per Gaza si straparla di sterminio, con accuse che spesso ignorano la complessità del diritto e la realtà dei fatti. Allora mi domando: siamo equidistanti, o stiamo usando due pesi e due misure?

Si tratta di milioni di cristiani perseguitati ogni giorno, torturati, stuprati, macellati, si tratta del gruppo più perseguitato al mondo, ma la cosa non ci turba, come se fosse un fenomeno irrilevante.

Usiamo termini forti, come «genocidio», soltanto quando conviene all'agenda di potere o di protesta.

Cara Alessandra, la libertà religiosa è sotto attacco, ma non la si protegge a colpi di slogan.

Il compito nostro, di chi ha voce e responsabilità, è quello di alzare gli occhi su tutti i suprematismi, su tutte le persecuzioni, su tutte le ingiustizie, su tutti gli abusi. Anche e soprattutto quelli che non fanno notizia. In questo senso, ogni vittima conta. Ogni giorno di morte conta. E parlare solamente di Gaza significa aver perso la bussola della verità e della coerenza.

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