Economia

Berlino premia Draghi, ma è rivolta

I falchi tedeschi sulle barricate ma Sewing (Deutsche Bank): «Ha salvato l'euro»

Berlino premia Draghi, ma è rivolta

Più che appuntargli al bavero della giacca la Croce al merito, molti tedeschi avrebbero preferito metterlo in croce. Vedere Mario Draghi insignito oggi della più alta onorificenza tedesca, sarà per molti in Germania un boccone amaro da ingoiare. Soprattutto perché la motivazione - per «meriti inestimabili in favore del bene comune» - risulta perfino più urticante del riconoscimento stesso. Come ammettere che l'ex capo della Bce, salvando l'euro, ha finito per strappare dall'abisso anche la Germania.

Se ne è accorto perfino, seppur con un tardivo mea culpa, l'ad di Deutsche Bank, Christian Sewing, colui che assieme ad altri era salito sulle barricate all'inizio dello scorso ottobre. Quando cioè serviva una polifonia di voci per dar corpo alla rivolta capeggiata dal leader della Bundesbank, Jens Weidmann, contro la decisione di Super Mario di riavviare le macchine del quantitative leasing, attraverso acquisti mensili da 20 miliardi di euro, e di sforbiciare un altro po' i tassi sui depositi presso l'Eurotower. Sewing è alle prese con conti che continuano a non quadrare. Rivoltare come un calzino una banca abituata ad anni di spericolate alchimie finanziarie e canalizzare altrove obiettivi e strategie non è una passeggiata di salute. Anzi. Il bilancio 2019 lampeggia infatti di rosso porpora: perdite per 5,7 miliardi (-1,5 miliardi nel quarto trimestre), imputabili sostanzialmente proprio ai costi di ristrutturazione sostenuti ma comunque superiori alle attese, hanno allargato a 14 miliardi il buco dell'ultimo quinquennio. I ricavi sono inoltre in calo dell'8% a 23,1 miliardi. Insomma, i numeri sono da pianto greco, la strada per rimettere in bolla DB è ancora lunga (la ristrutturazione dovrebbe terminare nel 2022 con costi per 7,4 miliardi), eppure Sewing confessa ciò che finora nessun banchiere ha avuto il coraggio di ammettere: «Bisogna dimenticare ciò che i tassi negativi significano per le banche. Dobbiamo cambiare il nostro modello di business. Noi lo abbiamo fatto».

Onore all'onestà intellettuale, e ulteriore nota di merito per avere anche aggiunto una verità banale, ma finora sempre tenuta coperta da un velo spesso: «Il salvataggio dell'euro - riconosce Sewing - rispecchia anche gli interessi della Germania, in quanto economia basata sull'export». Non solo, visto che gli scantonamenti dall'ortodossia monetaria dell'ex governatore di Bankitalia hanno consentito a Berlino di risparmiare, grazie alla discesa dei rendimenti sui Bund, qualcosa come circa 440 miliardi. Peccato solo che questo tesoro sia per lo più andato a gonfiare il già ipertrofico surplus, piuttosto che trovare impiego in misure per alimentare l'asfittica crescita teutonica.

Eppure, c'è ancora chi ha il dente avvelenato con Draghi. Oltre alla grancassa nazionalista suonata da gente provvista di pedigree da banchiere centrale come Alternative für Deutschland («Il più alto riconoscimento della Repubblica federale andrà all'uomo che con i tassi a zero ha espropriato i risparmiatori come nessun altro aveva fatto prima»), ringhiano perfino esponenti della coalizione Cdu-Csu governata da Angela Merkel nel mentre reiterano la solita storia: la politica di allentamento monetario è stato il grimaldello per soccorrere i Paese mediterranei.

Al primo passo sbagliato, sono gli stessi che getteranno addosso anche a Christine Lagarde la croce dell'infamia.

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