Giovanni Berneschi, il banchiere che ha regnato su Genova per alcuni decenni dal «trono» della sua Carige e fresco di espulsione dalla vicepresidenza dell'Abi, passa dagli arresti domiciliari alle sbarre del carcere. Non bastavano l'accusa di truffa aggravata ai danni del primo istituto ligure, di falso in bilancio, di associazione per delinquere, di riciclaggio e gli spalloni che sarebbero stati incaricati di portare oltre il confine svizzero i 21 milioni guadagnato con operazioni immobiliari dai prezzi gonfiati, Berneschi avrebbe ora cercato di inquinare le prove. Movimentando denaro e cercando di occultare documenti: in due telefonate partite ieri mattina dal cellulare della moglie e intercettate dalle forze dell'ordine, il banchiere avrebbbe impartito altre disposizioni in codice ai complici.
Da qui, malgrado le 76 primavere all'attivo di Berneschi, la decisione di revocare i domiciliari (scattati il 22 maggio) e far par partire la custodia cautelare, trasferendolo vista l'età nella prigione femminile di Genova Pontedecimo. Non aveva dovuto assistere a tanto neppure Siena, finita sotto le macerie del vecchio Monte Paschi di Giuseppe Mussari.
La giornata sotto la Lanterna si era aperta con una perquisizione della finanza nell'abitazione di Berneschi e con il suo interrogatorio di tre ore in Procura. Dove l'ex presidente di Carige aveva risponsto solo al Gip, dicendosi disponibile a «chiarire la sua posizione» nel decisivo confronto con il pm in un secondo momento.
Mentre Berneschi finiva in galera, la Fondazione Carige contava le ferite: nel 2013 l'Ente guidato da Paolo Momigliano affronta un maxi-perdita da 926 milioni, dovuta soprattutto alla maxisvalutazione del pacchetto Carige di cui detiene ancora il 29%. Il prezzo di carico sarà abbassato dagli 1,35 euro del 2012 a 43 centesimi. Un taglio lineare del 70%, che abbatte il patrimonio dal miliardo attuale a 90 milioni: un vero problema in vista dell'aumento di capitale da 800 milioni di cui Carige ha bisogno per affrontare gli stress test: l'Ente ha poi 200 milioni di debiti, cui rimedierà con i 150 milioni da poco incassati dall'alleggerimento della sua quota.
Il faldone era ieri sul tavolo del consiglio di indirizzo della Fondazione, che avrebbe vagliato anche azioni legali con un occhio alle possibili ricadute sull'era di Flavio Repetto del caso Berneschi. Il cda deve approvare il bilancio entro giugno. Dopo il mezzo flop rimediato con il collocamento della scorsa settimana, la Fondazione conferma la messa in vendita di un altro 10% della banca, così da arrivare al 19%. Tra i potenziali cavalieri bianchi c'è Andrea Bonomi, ma un consigliere ha ammesso come sia «molto difficile trovare una socio: «Abbiamo fatto una proposta ad altre fondazioni».
È, quindi, sempre più probabile il definitivo passo indietro dell'Ente da quella che la Lanterna considera la «sua» banca. Come è accaduto al Monte, di cui la Fondazione Mps conserva solo il 2,5%, bloccato in un patto al 9% con gli alleati sudamericani di Fintech e Btg Pactual.
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