Andrea Bonomi prende due mesi di tempo per riscrivere piano industriale e governance della Popolare di Milano, rimandando di fatto l'esame dell'aumento di capitale necessario al rimborso dei T-Bond. Un modo per dire al mercato che, prima di muovere, è indispensabile per Piazza Meda completare il puzzle sia del piano da aggiornare, che il cdg ha ora fissato «entro la fine di ottobre», sia della definizione di una nuova governance che tagli le unghie ai dipendenti-soci (pensionati in primis). L'obiettivo minimo è arrivare a una popolare bilanciata, dove gli azionisti di capitale abbiano un maggiore peso specifico, grazie a maggioranze ad hoc. Bpm, come il sistema popolare nel suo complesso, supera comunque il test delle semestrali: il gruppo di Piero Montani gira metà anno con 105 milioni di utili contro la perdita di 131 milioni del giugno 2012) e il Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti con 156 milioni, in entrambi i casi meglio di quanto prevedessero gli analisti. Simile il copione della Ubi Banca di Victor Massiah, che grazie al taglio dei costi ha ottenuto un risultato di 52,9 milioni (-66%).
Il Banco, come anticipato al Giornale, ha poi deciso di rifondare la propria rete, adottando una struttura a «grappolo», imperniata su 460 filiali principali («hub»), cui faranno capo 820 sportelli «spoke» perlopiù concentrati nei Comuni minori; i restanti 600 manteranno, invece, l'operatività attuale. La rete fa poi un passo indietro dal large corporate, che passa alle compentenze della direzione generale, ma nascono 100 filiali imprese specializzate sulle piccole e medie realtà.
Per contro, le grandi coop non appaiono pronte né ad aggregazioni e ancor meno a traformarsi in società per azioni, come vorrebbe Bankitalia. «Non abbiamo contatti di alcun genere, non ci sono dossier aperti: questo non vuol dire che sia irrazionale attendersi situazioni di consolidamento, anche perché ci sono alcune situazioni di difficoltà», ha chiarito Massiah, dopo che il gruppo era stato più volte indicato al centro di un possibile matrimonio con Bpm.
Nello stato patrimoniale della cooperativa bresciana spunta, poi, una nuova maxi-posizione in sofferenza da 153 milioni, legati all'Istituto dermopatico dell'Immacolata di Roma. Ubi è tra le banche meglio patrimonializzate d'Italia, ma è la conferma che il problema dei «crediti deteriorati» resta pungente. Una ferita su cui Ignazio Visco ha già dimostrato di non fare sconti.
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