Economia

In Borsa il Covid-19 premia il fai-da-te

Con la volatilità alle stelle i fondi speculativi hanno reso zero, contro il +10% di S&P

In Borsa il Covid-19 premia il fai-da-te

Un tempo erano i Ribot nel recinto di Wall Street: puntavi su di loro, e sapevi che mai avrebbero perso. Anzi, al traguardo erano quasi sempre i primi. Ricchi premi per tutti. Adesso, gli hedge fund Usa si sono trasformati in ronzini. Non galoppano più. Non guadagnano più. Neppure in un anno come questo di grande volatilità, quello che per i fondi speculativi era un tempo il miglior terreno di corsa. Il magic touch è sparito, annullato dal rendimento da zero virgola dell'indice di categoria Hfr (contro il 10% di rialzo dell'S&P 500), da moltissime performance da matita rossa (in alcuni casi le perdite sfiorano il 60%) e da rare eccezioni (su tutte, il +81% di Saba Capital). Ma la cosa che più salta all'occhio è il raffronto impietoso con gli investitori retail. Un paniere composto dai 50 titoli più popolari in mano alla vituperata comunità degli investitori fai-da-te è balzato del 55% da inizio anno. Un rapporto di 10 a uno fra chi punta i risparmi e chi fa business di mestiere. Gli analisti spiegano la debâcle in questo modo: Molti non si sono protetti abbastanza al ribasso e altri non hanno investito in momenti di rialzo. In pratica, hanno perso completamente la bussola.

Naturalmente, questo andazzo non è privo di conseguenze. Tra tutte, il rischio per gli hedge che i sottoscrittori si stanchino di pagare profumatamente - circa il 2% per la gestione e il 20% sugli utili - gente incapace di dominare (o capire, perlomeno) il mercato. E vadano così a ingrossare le fila di chi ha deciso di far da sè. Tipo molti padri di famiglia, spinti dalla necessità di incrementare il bilancio domestico non più adeguatamente sorretto dalle attività a basso rischio come i titoli di Stato. Secondo Yodlee, una società che analizza i flussi delle carte di credito, la terza attività più popolare negli States è diventata l'acquisto di azioni. Soprattutto tra i componenti della classe media pura, quella con redditi da un minimo di 35mila a un massimo di 75mila dollari l'anno. Questo fenomeno sta innescando dinamiche finora sconosciute a Wall Street: il 2,3% di tutto il volume del mercato azionario è ormai costituito da scambi per duemila dollari, o anche meno. E nel segmento delle opzioni, il 13% di tutti gli scambi è di appena un solo contratto. Ma se questa massa ha la capacità di spostare non solo singoli titoli ma interi indici, ciò significa che il mercato ha un problema di liquidità. Come peraltro conferma Goldman Sachs, secondo cui la liquidità delle singole azioni rimane al di sotto dei livelli di dicembre 2018.

Questo cambiamento epocale ha nella Fed il suo direttore d'orchestra. L'interventismo multimiliardario ha nella sostanza annullato ogni moral hazard, sganciato i prezzi dai fondamentali economici e incoraggiato i piccoli investitori a far incetta di azioni. Comprare a mani basse asset di rischio e a mercato aperto come fa la banca centrale, significa comunicare che una rete di salvataggio aperta ci sarà sempre.

Anche a costo di trasformare in dinosauri i Ribot dei bei tempi andati.

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