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La Borsa punta sulla guerra per Gedi

Volano i titoli del gruppo: +15,8%. Intanto parte la riscossa degli «arzilli vecchietti»

La Borsa punta sulla guerra per Gedi

La faida tra i De Benedetti infiamma Piazza Affari. All'indomani della discesa in campo del patriarca Carlo De Benedetti pronto a riprendere le redini di Gedi e quindi a sfilare ai figli, tra l'altro, il controllo di testate come la Repubblica, La Stampa e Il Secolo XIX, il gruppo editore fa scintille in Borsa. Gedi, che da gennaio ha perso un terzo del suo valore, chiude la seduta in rialzo del 15,8% a 0,293 euro, dopo essere stato sospesa al rialzo. Un evidente segnale che il mercato ritiene aperte le grandi manovre attorno al passaggio di controllo del gruppo editoriale. Poco mosse invece le due finanziarie dei De Benedetti: Cir, cui fa capo il 43,7% dell'editore, termina la seduta a 0,94 euro (+0,5%), mentre Cofide che, a sua volta, controlla il 56,5% di Cir, a 0,45 euro (+0,4%).

Nei salotti si cerca intanto di interpretare la mossa dell'Ingegnere che, a sorpresa, ha messo sul piatto circa 38 milioni per il 29,9% del gruppo con un'offerta a 0,25 euro in contanti per azione, il prezzo di chiusura di giovedì, equivalente al minimo storico del titolo. Un'offerta non proprio irresistibile che oltre a non passare dal mercato è stata lanciata a una valutazione inferiore rispetto agli obiettivi individuati dai broker (Gedi per Mediobanca vale 0,55 euro per azione, per Banca Imi almeno 0,42 euro, per Equita 0,38). Nessuno stupore quindi per la risposta di Cir che ha ritenuto l'offerta «manifestamente irricevibile in quanto del tutto inadeguata».

In questo scenario non manca chi legge la mossa dell'Ingegnere come un tentativo di far venire allo scoperto eventuali negoziazioni in corso e, in ultimo, ostacolare la cessione di Repubblica a terzi. E, in effetti, l'imprenditore ha rinfacciato al figlio Rodolfo di aver intrapreso qualche mese fa trattatve per la vendita di Gedi a Flavio Cattaneo e al fondo Peninsula (secondo indiscrezioni, pronti a mettere sul piatto 0,37 euro per azione) e di essere concentrato «esclusivamente sulla ricerca di un compratore senza «competenza né passione» per l'editoria. In passato, infatti, si era parlato sul mercato anche di un interesse di Vivendi e di Iliad. Dal botta e risposta si sono tirati fuori sia gli Agnelli (5,9% del capitale di Gedi) sia Carlo Perrone (5%).

Ma Carlo De Benedetti, classe 1934, è solo l'ultimo di una pattuglia di ottantenni tornati a ruggire a Piazza Affari e a rivendicare per sé le leve del potere rimpiangendo di averle a suo tempo cedute a eredi o manager. Pochi mesi fa Luciano Benetton, 84 anni, è tornato alla guida dell'azienda di famiglia «per aiutare i giovani a crescere», prestando nuovamente il volto alla campagna pubblicitaria. Pochi giorni fa invece Leonardo Del Vecchio, classe 1935, si è mosso su Mediobanca, dopo essersi ripreso nel giro di una manciata di anni le deleghe operative della sua Luxottica, aver predisposto le nozze con la francese Essilor ed essere uscito vittorioso dalla prima battaglia per la governance del gruppo italo francese. Del Vecchio è salito infatti al 6,9% di Piazzetta Cuccia, rivendicando per la banca d'affari un nuovo piano «che non basi i risultati solo dalla partecipazione in Generali e da Compass».

Su questo tema Deutsche Bank è intervenuta ieri giudicando «molto negativa» ogni «interferenza nella governance di Mediobanca», per poi ipotizzare la cessione della partecipazione nel Leone di Trieste in vista della eventuale acquisizione di Fineco o di Banca Generali.

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