Economia

Borse, inganno inflazione. La Bce al test degli aiuti

Negli Usa costo della vita solo +0,4% a febbraio. Ma ci sono già i problemi petrolio e caro-casa

Borse, inganno inflazione. La Bce al test degli aiuti

Gli specchietti per le allodole funzionano anche a Wall Street. C'è un qualcosa di illusorio nel dato di ieri sull'inflazione Usa, cresciuta in febbraio dello 0,4%. La quasi impercettibile variazione rispetto allo 0,3% di gennaio e l'aumento di appena lo 0,1% della parte core (l'indice depurato da cibo e energia) sembrerebbero indicare che sono infondati i timori di un surriscaldamento del carovita, responsabili la scorsa settimana dell'ascesa dei bond decennali fino all'1,6%. Per ora, i mercati paiono rassicurati (+1,2% il Dow Jones a un'ora dalla chiusura) nonostante l'andamento annuale abbia segnalato un rialzo dell'1,7%, il maggiore da febbraio 2020.

Ora, benché la Fed abbia alzato la soglia di tolleranza nei confronti dei movimenti ascendenti dei prezzi al consumo e Jerome Powell abbia ribadito la transitorietà dei più recenti aumenti, i pericoli di una fiammata non effimera non vanno trascurati. A soffiare sul fuoco ci sono le quotazioni del petrolio, arrivato qualche giorno oltre i 70 dollari il barile. L'America deve però guardarsi anche in casa. I prezzi degli immobili, misurati dall'indice Shiller, sono ai massimi da dieci anni, e il combinato disposto di caro-mattone e caro-tassi rischia di essere devastante. Ma, soprattutto, è la sicura planata sul suolo statunitense dei 1.900 miliardi del piano Biden, con i suoi 1.400 dollari messi nelle tasche di ogni americano già a partire da questo mese, la miccia per un processo reflazionistico in grado di alimentare di nuovo la corsa dei rendimenti dei Treasury (non pochi analisti prevedono una risalita almeno fino al 2%) e rinfocolare le paure di Wall Street. D'altra parte, non appena la campagna vaccinale garantirà il «liberi tutti», gli aiuti faranno da volano alle vendite al dettaglio.

Ecco perché il dato sull'inflazione di febbraio va preso con le pinze. E lo stesso dovrebbe fare l'eurozona, dove la ripresa economica potrebbe modificare la curva del carovita a partire dal secondo trimestre. La Bce, che si riunisce oggi, non intende tollerare tensioni sui tassi. In sostanza, Christine Lagarde non esclude di contrastare l'aumento dei rendimenti col potenziamento del Pepp, il piano di acquisti contro la pandemia. Jens Weidmann, capo della Bundesbank, non è però d'accordo: in base alle sue stime, in Germania i prezzi dovrebbero salire al 3% entro l'anno. Ciò renderebbe necessaria una ridiscussione sugli aiuti. La Bce deve capire come muoversi, anche alla luce del lieve rallentamento subìto dallo shopping di bond nella settimana fino al 3 marzo.

Un colpo di freno sgradito ai mercati.

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