Tira una brutta aria sulle Borse mondiali. Wall Street rischia di diventare l'epicentro di un terremoto di proporzioni planetarie. L'ascesa dei rendimenti sui bond Usa decennali, schizzati ieri al 3,22%, sta cambiando giorno dopo giorno l'umore del mercato Usa. Sotto questo profilo la seduta di ieri è stata emblematica, con il Dow Jones schiacciato a un'ora dalla chiusura sotto la soglia psicologica dei 26mila punti (-2%) e con il Nasdaq collassato del 2,55%. L'arretramento degli indici Usa ha provocato in Europa un'ondata di vendite che ha colpito soprattutto i titoli del lusso, considerati da un report di Morgan Stanley «non più di moda». Così, per una volta, non è stata la politica ad azzoppare Piazza Affari (-1,34%), imitata anche da Parigi (-2,11%), Francoforte (-2,21%), Londra (-1,27%).
L'analisi della Morgan Stanley, che invita a «sottopesare» il settore (ovvero, a vendere), tocca un punto cruciale: il rallentamento della Cina, dove la fiducia dei consumatori, uno degli indicatori chiave per la tendenza di questi beni, sembra aver raggiunto il suo apice. E la situazione del Dragone va a intersecarsi con la guerra commerciale a colpi di dazi combattuta con l'amministrazione Trump. Le politiche protezionistiche stanno cominciando a urtare anche la sensibilità di Wall Street, viste le implicazioni che potrebbero avere sulla politica monetaria della Fed. E dunque sul trend dei rendimenti dei T-bond. Gli operatori segnalano tra l'altro un fenomeno finora mai visto sul mercato Usa: lo switch dai bond corporate a quelli pubblici, stando almeno ai deflussi visti sugli Etf. È un segnale da non sottovalutare, dal momento che l'appetibilità raggiunta dai Treasury potrebbe convincere molti investitori a far lo stesso. Il mercato delle obbligazioni societarie subirebbe un duro contraccolpo, impedendo alle aziende di finanziarsi a tassi bassi come avvenuto finora. Con ricadute sul valore dei titoli quotati in Borsa. L'impennata del «Vix» (il cosiddetto «indice della paura»), del 23% ieri segnala un livello di volatilità che non rassicura.
Per il momento, si leccano più le ferite i titoli del lusso di Piazza Affari. Le vendite hanno travolto Moncler (-10,8%), tra i titoli più premiati quest'anno, Brunello Cucinelli (-9,3%), Salvatore Ferragamo (-4,2%). In calo dell'8,2% anche Ferrari, equiparato a un titolo del lusso. In difficoltà a Zurigo Richemond (-3,14%), che possiede Cartier e per Burberry a Londra -8,1%. Mentre a Parigi Kering ha lasciato sul terreno il 9,3% e Lvmh il 7,1%.
Eppure, proprio due giorni fa, Lvmh aveva pubblicato conti in aumento del 10% a 33,1 miliardi nei nove mesi, grazie anche a un terzo trimestre che ha mantenuto la crescita a doppia cifra di quello precedente. La casa francese però, proprietaria di famosi marchi come Louis Vuitton e Bulgari nel nostro Paese, ha sottolineato il rallentamento del mercato cinese a causa del possibile impatto della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Ciò significa meno shopping anche da parte dei molti cinesi abbienti, si parla di oltre 1 miliardo di persone. Altri elementi che fanno prevedere il ribasso per Morgan Stanley sono le elevate valutazioni dei titoli, anche a dispetto della recente correzione dei mercati. E il possibile rallentamento nella crescita degli utili per azione, porterà come conseguenza un minore acquisto di beni di lusso.
Le previsioni di rallentamento dell'economia in generale e di quella cinese in particolare ha colpito in Piazza Affari anche i
titoli del comparto automotive, con Brembo scesa del 5,86% e Pirelli (-5,9%), che proprio l'altro ieri aveva comunicato un investimento da 65 milioni di euro per un nuovo stabilimento per la produzione di pneumatici in Cina.
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