Bpm boccia la «legislatura» Giarda

Bpm boccia la «legislatura» Giarda

Quattro mesi dopo la campagna elettorale, i sindacati nazionali fanno temporaneamente il vuoto attorno al presidente della Popolare di Milano, Piero Giarda. La «caduta controllata» si è consumata ieri all'assemblea dei soci che ha bocciato la riforma della governance preparata dall'ex ministro e pretesa da Bankitalia. A questo punto anche l'aumento di capitale da 500 milioni in agenda il 5 maggio potrebbe slittare,così come preoccupa la reazione della Borsa.
A fare da catalizzatore del «dissenso» è stato lo storico capo dei soci esterni Piero Lonardi, che si è scagliato anche contro l'idea di Giarda di anteporre il voto sulla governance rispetto a quello sul bilancio. Alla fine i «si» al nuovo impianto del Cds e del Cdg sono stati solo 1.565, 134 in meno del quorum. Una precisione «chimica», che ricorda il muro eretto dalla base lo scorso anno contro le riforme avanzate da Andrea Bonomi; e Giarda, che si era inizialmente sbilanciato sull'esito assembleare, si è dovuto correggere con il notaio.
Lonardi, cui andava stretta la nuova sorveglianza che concede un unico posto alle minoranze diverse dai fondi, ha quindi sottolineato la «rivincita» dei risparmiatori. Nel «parlamento» di Piazza Meda il dato saliente va però cercato sotto la scorza dei numeri: ieri i dipendenti-soci e i sindacati nazionali hanno «disertato» l'assise per lanciare un preciso segnale politico a Giarda. La struttura sarebbe in particolare indispettita dal fatto che la pulizia di bilancio firmata dall'ad Giuseppe Castagna abbia serrato i «cancelli» (così si chiamano in Bpm), oltre i quali sarebbero scattati i premi per gli obiettivi commerciali raggiunti nel 2013.
Il fronte sindacale lascia invece trapelare sorpresa per la «freddezza istituzionale» con cui Giarda, dopo l'iniziale coinvolgimento delle parti, ha lavorato sulla governance e sulle nomine delle poche controllate sopravvissute al riassetto: dopo Akros è il turno di Bpm Vita. Da qui probabilmente il «rimprovero» ufficiale inviato ieri ai vertici dalla Uilca di Massimo Masi e il rumoroso silenzio della Fabi di Lando Maria Sileoni: sono le prime due sigle della cooperativa. In un'assemblea dimezzata, si è così imposto il dissenso dei soci esterni, probabilmente ingrossato da qualche «capocordata» dei dipendenti (anche della vecchia guardia vicina all'ex Associazione Amici) e dei pensionati. Giarda, che venerdì mattina aveva riunito le sigle di Bpm per tentare di ricucire, ha visto sparire più della metà dei 3.900 voti che lo avevano sostenuto a dicembre. Il vertice di Piazza Meda comunque resta al suo posto: «Bpm è un progetto in cui crediamo. Prima di mollare, dobbiamo far rendere l'investimento che abbiamo fatto», ha detto Giarda sebbene in banca sia risaputo come la convivenza con Castagna e il presidente del Cdg Mario Anolli, abbia già messo a nudo i temperamenti differenti.
Castagna ha poi confermato l'intenzione di «procedere con la ricapitalizzazione», perché gli accordi siglati con il consorzio di garanzia prevedevano l'eventualità che l'assemblea si opponesse al cambio della governance. Appare tuttavia probabile che Consob (con un occhio al prospetto) e advisor chiedano più tempo.

Sia per il forfait appena dato dal Credit Mutuel, sia perché il rating di Piazza Meda è sotto osservazione per la governace sia perché a questo punto è molto difficile che Bankitalia rimuova le penalizzazioni al bilancio.

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