Cinzia Meoni
Quella del 2016 sarà ricordata come la calda estate dell'editoria: dalla creazione del polo La Repubblica-Stampa-Secolo XIX (in base all'accordo Cir avrà il 43,4% del capitale) alla battaglia per il controllo del Corriere. Su quest'ultimo fronte è giunto ieri un altro punto a favore di Urbano Cairo che è recentemente salito al 60% circa di Rcs con una offerta di acquisto e scambio che ha battuto l'Opa rivale lanciata da Andrea Bonomi insieme agli azionisti storici del Corriere: Mediobanca, Pirelli, Diego Della Valle e Unipol.
Il Tar del Lazio ha infatti respinto i ricorsi di International Media Holding, Pirelli e Della Valle contro la mancata sospensione da parte di Consob dell'offerta di Cairo su Rcs. Per il Tar «non sussistono i presupposti» necessari alla misura cautelare richiesta. International Media Holding preso «atto del decreto emesso», si è detta «certa delle sue ragioni» che saranno esaminate dall'udienza collegiale del Tar del 30 agosto.
Nel frattempo Piazza Affari si interroga sul calcio di inizio della rivoluzione firmata Cairo in Via Solferino. L'attenzione è elevata nonostante il clima estivo: l'imprenditore torinese ha fretta e conta di entrare in cda a breve. Domani in occasione del cda di Rcs previsto per la semestrale, potrebbero essere messe sul tavolo le dimissioni di quattro dei nove componenti dell'esecutivo. In questo modo Cairo potrebbe inserire nell'esecutivo, tramite cooptazione, propri manager e dare avvio ai grandi lavori. Dal cda di Via Solferino non si sbilanciano. Ma gli esperti danno per scontate le dimissioni dei consiglieri, a maggior ragione dopo la decisione del Tar di ieri, quanto meno una volta trovato un accordo sulla buona uscita. Se ciò non dovesse avvenire, Cairo ha già pronto il piano B: un'assemblea degli azionisti da convocarsi nella settimana del 12 settembre. In Borsa itanto Rcs ha chiuso la seduta a 0,8 euro (-0,25%), mentre Cairo ha ceduto l'1,5% a 3,9 euro.
Sempre ieri è arrivato un aggiornamento sul fronte opposto a Via Solferino, quello che ruota attorno al matrimonio tra La Repubblica, Il Secolo XIX e La Stampa. È stato infatti comunicato il piano di integrazione tra L'Espresso e Italiana Editrice, società partecipata al 77% da Fca e al 23% dalla famiglia Perrone, a seguito degli accordi di marzo che hanno portato al processo di consolidamento dell'editoria e, in ultimo, alla guerra su Rcs.
Il nuovo polo da 750 milioni di fatturato sarà controllato da Cir con il 43,4% del capitale e partecipato da Fca con il 14,63% e dall'Ital Press della famiglia Perrone con il 4,37%. Fca distribuirà però la partecipazione detenuta fra i propri azionisti, compresa la capogruppo Exor a cui rimarrà il 4,26% del capitale vincolato da un patto triennale di lock up, ovvero da un accordo che esclude la possibilità di vendita. Una simile condizione, non è invece stata richiesta alla famiglia Perrone.
I patti di sindacato stipulati tra i tre protagonisti prevedono inoltre la nomina di John Elkann e Carlo Perrone nel futuro cda del gruppo, la delega a Cir per la designazione del presidente e dell'amministratore delegato e i consueti accordi di consultazione. Il nuovo colosso nascerà, prevedibilmente, nel primo trimestre del 2017, una volta ottenuto il sì di Agcom e Antitrust.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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