Caltagirone compra l'1% di Mediobanca
4 Marzo 2021 - 17:00Segnale a Piazzetta Cuccia in chiave Generali, in vista del rinnovo dei vertici del 2022

Francesco Gaetano Caltagirone entra nel capitale di Mediobanca. Il 23 febbraio scorso, tramite una sua holding, l'Istituto Finanziario 2012, ha rilevato l'1,014% dell'istituto milanese. Un'operazione costata circa 80 milioni, che riaccende i riflettori sulla grande finanza nazionale. Ponendo da subito un interrogativo di fondo: perché Calatagirone investe in Mediobanca? Lo stato dell'arte è il seguente: in Piazzetta Cuccia è da poco diventato primo azionista Leonardo Del Vecchio, con il 13,2% e l'ok Bce a salire fino al 20 a condizione di non puntare a stravolgere gli attuali equilibri di management, guidato dall'ad Alberto Nagel. Lo stesso Del Vecchio è socio forte, con il 4,84% di Generali, il forziere storico della finanza nazionale, il cui primo socio è proprio Mediobanca, con il 13%. Mentre Caltagirone in Generali è vicepresidente e detiene una quota del 5,65%, in costante incremento. Il quadro si completa con l'agenda societaria del Leone, che tra un anno dovrà rinnovare il proprio board, oggi presieduto da Gabriele Galateri e guidato dall'ad Philippe Donnet.
Il contesto è dunque quello di un tandem di investitori - Del Vecchio e Caltagirone - che con intensità e modalità variabili puntano su Generali e Mediobanca, dove da ieri c'è anche il costruttore romano. Ma c'è una differenza. Attraverso l'incrocio di fonti finanziarie, la mossa di Caltagirone si spiega con tre elementi ricorrenti. Il primo è un fatto: la grande liquidità a disposizione, nell'ordine di 1,5 miliardi, recentemente alimentata dall'uscita dal capitale di Suez, con la vendita del 3,5% per un assegno di oltre 300 milioni. Una situazione che porta l'Ingegnere a frequenti investimenti in società ritenute interessanti, come avvenuto in Anima lo scorso anno. Il secondo è la continuità con cui Caltagirone cresce in Generali, con l'obiettivo ormai vicino del 6% del capitale. Il terzo è il disappunto per alcune mosse di Donnet, platealmente emerso quando nel giugno scorso il vicepresidente ha disertato il collegamento per il cda che ha approvato l'acquisto del 24,5% di Cattolica per 300 milioni, in compagnia proprio del rappresentante di Del Vecchio in cda, Romolo Bardin. L'Ingegnere non ha gradito il fatto di non essere stato sufficientemente informato dell'iniziativa, a maggior ragione non essendo convinto della sua utilità strategica. Tutto questo, conoscendo la «grammatica» della grande finanza, fa pensare che l'ingresso in Mediobanca sia un segnale in chiave Generali: una mossa per aumentare la presa su Trieste, anche con un'aumentata vicinanza nei confronti di Del Vecchio, in vista del rinnovo del cda. La partita si giocherà su questo: la nuova governance prevede che la composizione del prossimo vertice, da sottoporre all'assemblea, spetti allo stesso cda, attraverso un complesso processo di selezione. Ma è chiaro che Mediobanca da un lato e i soci italiani dall'altro (con i Benetton arrivano al 14% di Generali), possono serenamente condurre le danze.
Donnet presenterà i risultati del 2020 nel consiglio del 10 marzo. Un appuntamento che, a questo punto, diventa assai importante per valutare i risultati dopo il secondo anno del suo secondo mandato.
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