Cambia il vertice della Lia Ma rimane l'incertezza

Numerose le partite del fondo sovrano in Italia In evidenza Unicredit, ma anche Eni ed Enel

Cinzia Meoni

«Games of thrones» dal sapore libico. Ieri il governo di unità nazionale di Tripoli, guidato dal premier Fayez al Sarraj e riconosciuto dalle Nazioni Unite, ha nominato un nuovo vertice per il fondo sovrano del Paese, Libyan Investment Authority (Lia), a cui fanno capo attività per 67 miliardi di dollari (un patrimonio peraltro congelato, per un terzo, da una risoluzione dell'Onu del 2011). Ma il caos nel Paese come nel fondo sovrano è, per ora, tutt'altro che risolto. E Piazza Affari potrebbe pagare un conto salato all'incertezza legata agli scenari libici.

La squadra scelta ieri dal governo di Tripoli per prendere il timone del fondo è composta da Ali Mohamed alla presidenza, Abdulazeez Ali, Alhadi Kaabar, Khalid Altaher e Ahmed Ammar. L'incarico, secondo quanto comunicato, è ad interim e il comitato dei cinque non potrà vendere le partecipazioni detenute dal fondo. Il nuovo esecutivo ha però pieni poteri per quanto riguarda le dispute legali in cui la Lia è coinvolta. Ma la risoluzione adottata è tutt'altro che pacifica. Le forze di Tobruk rivendicano per Abdulmagid Breish la presidenza del fondo e, seppure non riconosciute dalle istituzioni internazionali, godrebbero dell'appoggio del Qatar e della Turchia. La battaglia per il legittimo gestore della Lia, la scorsa primavera, era arrivata persino davanti all'Alta Corte di Londra, chiamata a scegliere a tra il rappresentante del governo di Tripoli, Hassan Bouhadi (sostenuto Egitto, Emirati, Arabia Saudita, Francia e Regno Unito) e, appunto, Abdulmagid Breish. Pochi giorni fa infine, le dimissioni di Hassan Bouhadi seguite agli arresti domiciliari, avevano rimesso tutto in discussione.

Per Piazza Affari l'incognita legata alla legittimità dell'interlocutore ha ripercussioni su numerosi fascicoli caldi, tra cui quella su Unicredit di cui i libici sono azionisti storici: l'istituto di Piazza Gae Aulenti potrebbe infatti chiamare quanto prima i propri soci a una maxi ricapitalizzazione, compresa tra i 5 e gli 8 miliardi di euro. E la Lia (accreditata all'1,25%) e la a Central Bank of Libya (al 2,9% del capitale) potrebbero non avere poteri e risorse per decidere a riguardo. La Lia inoltre è presente con il 2,01% del capitale in Leonardo Finmeccanica ed è accreditata con quote inferiori al 2% (e quindi non rivelate da Consob) in Eni, Enel e Fiat Chrysler.

Sul fronte internazionale, dalla fine dell'era Gheddafi sono diverse le partite rimaste aperte per la Lia.

La più delicata riguarda le cause contro Goldman Sachs e Société Generale accusate da Lia di aver gestito in modo improprio tre miliardi di dollari dello stesso fondo sovrano. Sono numerosi anche i contenziosi per recuperare le somme a Malta e in altri paradisi fiscali dove erano finiti ingenti importi all'epoca del Colonnello.

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