"Cambiare il modello di business": anche i servizi alle imprese scoprono la sostenibilità

Stefano Pareglio, Presidente Deloitte Climate&Sustainability: “Aziende più consapevoli della sfida climatica, ma serve un cambio di passo per innovare i modelli di business ed essere pronti alla transizione climatica ed energetica”

"Cambiare il modello di business": anche i servizi alle imprese scoprono la sostenibilità

Puntare sui servizi legati alla sfida del cambiamento climatico e della transizione ecologica è fondamentale per molte imprese per competere e superare tutti i rischi economici, sociali e d'immagine che una transizione errata o, ancora peggio, pratiche di greenwashing possono comportare. Le aziende possono promuovere una transizione organica e devono puntare su una seria pianificazione. Interessante è il fatto che a tal proposito questo stia stimolando una trasformazione anche nei servizi consulenziali e di sostegno alle imprese: Deloitte Italia, una delle major del settore, ha lanciato di recente la società benefit Deloitte Climate & Sustainability (DCS). Guidata dal Presidente Stefano Pareglio, che è anche professore ordinario all’Università Cattolica in Economia politica, Finanza Matematica ed Economia dell’ambiente, la nuova business unit Deloitte Climate&Sustainability vuole proporsi un rafforzamento delle competenze del network Deloitte per offrire al mercato concrete soluzioni a tutte le sfide legate a una delle grandi trasformazioni del nostro tempo. Una trasformazione che avrà ricadute di enorme impatto su tutte le aziende e rispetto alla quale, dice Pareglio intervistato da ilGiornale.it, le aziende devono cominciare ad attrezzarsi. A partire da coloro che offrono sostegno alle imprese.

Professor Pareglio, a che livello è la consapevolezza delle imprese italiane verso le tendenze dettate dagli indicatori di sostenibilità?

"Sicuramente in crescita. Deloitte e Università di Pavia hanno presentato il mese scorso un’indagine sullo stato d’attuazione delle Raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) nelle società quotate italiane, da cui emerge un forte aumento nella consapevolezza delle nostre imprese rispetto alla materialità del cambiamento climatico. Ciò è testimoniato dal crescente interesse a innovare i modelli di business in direzione della transizione climatica ed energetica, e dall’evidente maggiore disponibilità a rendicontare in modo trasparente sia gli impegni assunti che i risultati conseguiti. Riteniamo che questo sia un segnale importante in direzione della sostenibilità, che deve essere però accompagnato e sostenuto affinché si raggiungano risultati concreti".

In che misura le aziende si stanno adattando alla transizione energetica e ambientale in atto?

"Le aziende sono ormai consapevoli della necessità di cambiare i modelli di business. Spesso però non dispongono delle competenze necessarie per gestire la transizione. In una ricerca Deloitte condotta a livello globale nel 2022, e riferita alla cosiddetta C-suite, è emerso che uno degli ostacoli più sentiti dagli executive è la difficoltà di misurare l’impatto materiale, ambientale ed economico del cambiamento atteso, e di cogliere l’orizzonte temporale nel quale esso si compie. Soprattutto è elevato il grado di incertezza, non solo per il momento storico che stiamo vivendo. Sono queste le ragioni che spingono le imprese a farsi accompagnare nel percorso di transizione, sia sul piano strategico che sul piano operativo".

Deloitte Climate&Sustainability, società benefit da poco costituita, che obiettivi si pone in questo percorso?

"Deloitte Climate&Sustainability è una società benefit costituita nel luglio di quest’anno, che riunisce le competenze e le esperienze dei professionisti del network Deloitte in tema di sostenibilità, attingendo anche a strumenti e ad asset proprietari sia a livello nazionale, che a livello globale. Nel contempo, sviluppiamo soluzioni evolute e innovative, anticipando le esigenze che si manifesteranno sul mercato dei servizi. Possiamo così affiancare i clienti nel percorso di transizione verso la sostenibilità e potenziarne l’impatto positivo sui territori e nelle comunità in cui operano".

In che modo i servizi da voi offerti possono guidare le aziende verso una miglior performance?

"Deloitte Climate & Sustainability si distingue anzi tutto per l’approccio adottato nello sviluppo dei servizi. Questi devono essere science-based, nel senso che devono reggere la prova della comunità scientifica, e avere carattere end-to-end, cioè devono assistere il cliente in modo integrale, in tutto il percorso di transizione, indipendentemente dal settore e dal grado di maturità, anche su base pluriennale. Offriamo numerosi servizi integrati, in continua evoluzione, in quattro aree principali: cambiamento climatico e decarbonizzazione; economia circolare e supply chain; finanza sostenibile e ESG data architecture. Abbiamo un team multidisciplinare altamente specializzato, che arriverà a 450 persone entro il 2025, in cui lavoreranno fianco a fianco economisti e matematici, ingegneri e statistici, scienziati ambientali e giuristi".

In che misura il dialogo con la comunità scientifica vi permette di favorire lo sviluppo d’impresa?

La sostenibilità è una materia vasta e in continua evoluzione, con una significativa verticalità analitica, che richiede una costante attività di studio e ricerca per elaborare e aggiornare gli approcci, le metodologie e gli strumenti di intervento necessari a sostenere l’evoluzione dei modelli di business. Da qui la scelta di connettere Deloitte Climate & Sustainability con il sistema della ricerca internazionale e con i principali provider di dati e di informazioni, in un dialogo pubblico e costante con istituzioni e regolatori.

Dalla Tassonomia "verde" dell'Unione Europea ai nuovi regolamenti sulla finanza sostenibile: come cambierà lo scenario nella programmazione degli investimenti delle imprese?

"La Tassonomia a cui fa cenno, attualmente circoscritta alla dimensione ambientale ma destinata a estendersi anche alla dimensione sociale, prevede la determinazione e la comunicazione al mercato di informazioni inerenti ai ricavi e le spese connessi ad attività economiche “sostenibili”. Queste informazioni orienteranno sempre più le scelte degli investitori. Ne consegue che le imprese sono chiamate a rappresentarsi sul mercato dei capitali per la loro capacità di generare valore in modo stabile nel tempo: le performance ESG delle imprese sono in larga misura rinvenibili nella Dichiarazione non finanziaria, introdotta dal legislatore nel 2016 per effetto di una direttiva europea. Ciò però riguarda oggi per le sole imprese di grandi dimensioni, anche se, nei fatti, già si estende sulle imprese di medie e piccole che operano lunga la catena di fornitura di imprese di maggiori dimensioni, o laddove la leva ESG venga attivata per generare vantaggi competitivi".

E sul fronte della rendicontazione cosa ci aspetta?

"In tema di reporting non finanziario, l’evoluzione normativa è già tracciata e comporterà un ampliamento del perimetro delle imprese soggette all’obbligo di dare disclosure delle proprie performance ESG: dalle 11.000 aziende attualmente soggette all’obbligo, si passerà a ben 49.000 aziende in Europa. Ciò per effetto dell’entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) che, a partire dall’anno fiscale 2025, sarà estesa a tutte le grandi società, ossia quelle che superano almeno 2 criteri su 3 così individuati: attivo patrimoniale di 20 milioni di euro, ricavi netti di 40 milioni di euro e numero medio di dipendenti pari a 250. L’informativa ESG, inoltre, dovrà essere integrata nella Relazione sulla gestione, in modo che obiettivi di sostenibilità, obiettivi di business, performance finanziarie e non finanziarie entrino tra loro in dialogo".

In che modo le aziende si possono preparare ad accogliere queste richieste emergenti?

"Il mio consiglio è semplice: partire per tempo, perché la discloure non finanziaria e la Tassonomia europea sono strumenti, ma la vera sfida si gioca sulla capacità di riorientare i modelli di business: innovando prodotti e servizi, azzerando l’impatto climatico, riducendo l’uso di materia ed energia, favorendo l’inclusione e le diversità, non solo di genere, Nel contempo, certo, bisogna operare per consolidare il

quadro delle informazioni ESG, strutturando flussi, procedure, basi dati, sistemi organizzativi e architetture informatiche, come si è fatto nel tempo per l’informativa economica e patrimoniale che confluisce nel bilancio".

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