Carige, la Fondazione rischia tutto

Carige, la Fondazione rischia tutto

Gli occhi di Ignazio Visco sono puntati su Genova. La Fondazione Carige potrebbe sbarrare la strada all'aumento di capitale da 800 milioni necessario a puntellare l'istituto di credito omonimo. A quel punto l'ad Piero Montani, che la stessa Vigilanza ha inviato sotto la Lanterna come plenipotenziario per tentarneil salvataggio, potrebbe dimettersi.
L'ente presieduto da Paolo Momigliano riunirà i vertici nella giornata di oggi per valutare se rinviare di qualche mese la ricapitalizzazione che lo stesso statuto imporrebbe invece di realizzare entro marzo. L'obiettivo della Fondazione è scongiurare la prospettiva di mollare la presa sulla banca dal 46% attuale al 14. Va de sé, tuttavia, che una modifica di questo tipo deve essere autorizzata da Bankitalia e che, se Carige non ricostuirà il suo patrimonio, si aprirebbe il rischio che Montani tolga il vestito di ad per indossare quello del commissario.
La storia di Carige richiama quella di Siena, dove la Fondazione Mps di Antonella Mansi è alle prese con 340 milioni di debiti con le banche e ha da poco costretto a restare tra i canapi l'operazione da 3 miliardi pianificata da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola per liberare Mps dai Monti Bond.
Sia chiaro, Fondazione Carige ha molti meno problemi dell'ente di Rocca Salimbeni (nel 2012 a Genova i debiti erano 187 milioni a fronte di un miliardo di patrimonio netto). È indubbio, però, che l'ente ligure stia pagando la scarsa diversificazione del portafoglio investimenti. Una scelta, almeno in parziale contraddizione con quanto prescriverebbe la legge Amato, con cui devono ora fare i conti gli stessi vertici di Banca Carige e quindi, in ultima analisi, anche i soci di minoranza. Banca Carige, sebbene avesse preannunciato la ricapitalizzazione molto prima della «detronizzazione» del presidente Giovanni Berneschi e dell'arrivo di Montani, aveva finora lasciato l'operazione in «naftalina», tentando la via delle dismissioni. Senza un aumento di capitale rapido però Carige, che con 6mila dipendenti è uno dei maggiori datori di lavori della Liguria oltre a essere il vero motore economico di Genova, non rispetterà i requisiti patrimoniali di Basilea 3 in tempo per il check up che attende le maggiori banche in vista della Vigilanza unica europea.
Ancor più intricata appare la storia di Banca Marche (che però non è quotata), dove le due maggiori fondazioni azioniste Carima e Caripesaro, oltre a essere rimaste quasi a secco, hanno visto Bankitalia mettere l'istituto in «gestione provvisoria» (una sorta di commissariamento light).

Ora si cerca un cavaliere bianco disposto a ripatrimonializzare il gruppo dopo la turbolenta gestione di Massimo Bianconi: l'ex dg che ha lasciato nel 2012 con, si dice, 2,3 milioni in tasca tra liquidazione e buonuscita.

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