Carige trova il rimbalzo: +15% Per Mps 1,5 miliardi di cause

La Borsa guarda alla Bce e scommette ancora sull'ok all'aumento della banca ligure. Le mosse dei Malacalza

Carige trova il rimbalzo: +15% Per Mps 1,5 miliardi di cause

Tempi oscuri per le due banche più antiche del mondo: il Monte dei Paschi, per cui sale il conto delle richieste di danno depositate entro fine settembre (a 1,487 miliardi dagli 1,404 di fine giugno) e Carige, alle prese con percorso di rafforzamento patrimoniale pieno di insidie a causa del quale non manca chi teme per l'istituto genovese una strada simile a quella già percorsa da Rocca Salimbeni, finita nella mani dello Stato.

Ieri peraltro Carige, dopo la debacle di giovedì, ha rimbalzato in Borsa chiudendo la seduta in rialzo del 15,3% a 0,0015 euro. La performance da inizio anno però è da dimenticare: il valore della banca ligure si è frantumato (-81%). Mps invece ha terminato la seduta a 1,49 euro (+0,7%), ma anche in questo caso il bilancio del 2018 è amaro (-62%).

Per quanto riguarda Carige, Piazza Affari è tornata a sperare su un «happy end» dopo lo stop al previsto aumento di capitale da 400 milioni a causa dell'astensione in assemblea di Malacalza Investimenti (primo azionista al 27,5%) e le serrate trattative in Bce di giovedì con presidente Pietro Modiano e l'ad Fabio Innocenzi, a cui l'Eurotower avrebbe riconfermato la fiducia, e con alcuni membri della famiglia Malacalza.

La Bce ha fretta di archiviare la questione con la soluzione più semplice: il via libera alla ricapitalizzazione a completamento del piano che ha visto, per ora, la sottoscrizione di un bond subordinato da 320 milioni da parte dello Schema Volontario del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e, in un secondo tempo, un adeguato matrimonio.

L'ultimatum di Francoforte - o l'ok alla ricapitalizzazione, che al limite permetterebbe la conversione del bond subordinato, o il commissariamento - pare sia stato chiaro. A Genova però tutto tace: i consiglieri non sono in stato di «preallerta» e il prossimo cda non è stato ancora convocato.

L'allarme a Francoforte è scattato sabato scorso con il manco ok alla ricapitalizzazione concordata con la Ue. I Malacalza, che nella banca genovese hanno investito oltre 400 milioni, hanno motivato la decisione con l'assenza di un piano industriale a supporto dell'operazione. Tra i punti critici indicati dai Malacalza ci sono i nuovi requisiti di capitale che dovrebbero essere pubblicati dalla Bce a inizio 2019. A fine settembre l'indice di patrimonializzazione di Carige (il core capital ratio) si attestava al 10,8% contro l'11,18% «suggerito» da Francoforte.

Tornando a Mps, ieri, su richiesta della Consob, ha appunto aggiornato «il contatore del petitum» delle vertenze in cui è coinvolta. Tre le novità. Prima di tutto il conto è aumentato a causa di 76 milioni in più derivanti dalle richieste delle parti civili ammesse nel processo di Milano sulla contabilizzazione in bilancio degli strutturati Santorini e Alexandria e che vede come imputati gli ex vertici Alessandro Profumo e Fabrizio Viola e l'ex presidente dei sindaci Carlo Salvatori.

Inoltre, per quanto riguarda lo stato di avanzamento delle cause con gli azionisti (i danni chiesti per questo filone ammontano complessivamente a 764 milioni), a ottobre sono state depositate le prime tre sentenze al Tribunale di Firenze che «hanno accolto solo in minima parte le domande risarcitorie», riconoscendo agli azionisti «un risarcimento commisurato al 10% dell'importo investito» (e non già del petitum) e soltanto in relazione alle azioni sottoscritte in occasione dell'aumento di capitale 2011. In ogni caso, per le vertenze aventi ad oggetto il periodo 2012-2015, quello della presidenza Profumo, Mps non ha fatto alcun accantonamento valutandosi il rischio di soccombenza come «non probabile».

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