Il caso Bramini, l'imprenditore fallito per i mancati pagamenti della pubblica amministrazione, ha fatto il giro d'Italia. In realtà il suo credito non era nei confronti della P.A. in modo diretto, ovvero nei confronti di un Comune, quello di Ragusa, bensì di un consorzio fra comuni, detto ATO.
In Italia sono tantissimi questi consorzi specialmente in settori chiave come le acque o i rifiuti. Spesso si tratta di vere e proprie truffe a danno dei fornitori, come il signor Bramini. I consorzi svolgono servizi cosiddetti in house che vuol dire essenziali come appunto la fornitura di acqua oppure la raccolta rifiuti. Dovrebbero riscuotere dai cittadini o dai comuni i tributi per pagare i servizi. Quello che invece accade è che non riuscendo o spesso non volendo per ragioni politiche agire in modo efficiente nella riscossione dei tributi, si indebitano e poi falliscono o chiedono concordati a danno dei loro creditori.
Esempi ce ne sono tanti fra cui il Consorzio Acque Krotonesi dove i comuni, in primis quello di Crotone, hanno deciso di far fallire il consorzio e hanno costituito a latere un nuovo consorzio, perché il servizio di erogazione acqua non può essere interrotto. Va da sé che il nuovo consorzio non ha pagato la concessione al vecchio, ma gli è stata data una nuova concessione dagli stessi comuni che hanno fatto fallire il precedente consorzio e sono soci sia del vecchio, sia del nuovo. Oppure il Consorzio Marsicano, dove il comune di Avezzano azionista di maggioranza ha deciso di chiedere il concordato, in continuità ovviamente. Oppure l'ACA di Pescara, stesso copione.
Questi sono i metodi usati dalle amministrazioni locali per cercare di nascondere la mala gestio e i debiti ai cittadini per evitare di far andare in dissesto il comune. I fornitori di questi consorzi vengono tratti in inganno dai furbetti perché pensano che dietro vi siano i comuni e fanno credito a questi soggetti per poi accorgersi, quando è troppo tardi, che in realtà i comuni li hanno ingannati. Non voglio citare l'appartenenza politica dei sindaci furbetti che in questo modo truffano fornitori e cittadini perché il problema è forse bipartisan. Mentre invece è bene citare chi ha voluto legittimare questo modus operanti nell'ultimo periodo, ovvero il Ministro Madia. Infatti, prima della cosiddetta legge Madia, i consorzi in house non potevano accedere a procedure concorsuali e pertanto i comuni erano tenuti a ripianare i debiti e i sindaci darne conto ai cittadini. Con la legge Madia, nonostante il parere contrario del Consiglio di Stato, si è pensato bene di avallare questo meccanismo utilizzato per ingannare i fornitori dei consorzi, fra cui l'ATO di Ragusa.
Se si vuole realmente risolvere il problema dei vari Bramini presenti in tutto il Paese, bisogna subito intervenire sulla legge Madia e togliere la previsione secondo la quale le società appartenenti agli enti locali che svolgono servizi essenziali, in house, non possono essere assoggettate a procedure concorsuali; ed i comuni consorziati sono obbligati a ripianare le perdite. In alternativa, se non ci arriverà la politica, sarà necessario ricorrere alla magistratura per far incriminare i soci dei consorzi, ovvero i comuni, ed i loro sindaci furbetti, responsabili della cattiva gestione.
*nome de plume di un noto
protagonista dell'economia italiana
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