È una manovra a tenaglia di inusitata durezza quella che la Procura della Repubblica di Milano ha deciso di lanciare contro Salvatore Ligresti. A tre giorni dall’istanza di fallimento presentata contro le due cassaforti dell’impero dell’Ingegnere di Paternò, il pubblico ministero Luigi Orsi parte con la fase due dell’operazione e punta dritto contro Ligresti, incriminandolo per aggiotaggio e facendo scattare un provvedimento di sequestro per le azioni Premafin - la finanziaria di famiglia di Ligresti - che erano state nascoste alle Bahamas in due trust. Per Orsi, quel 20 per cento di azioni controllate sottobanco da Ligresti sono l’arma del delitto, lo strumento con il quale sono state realizzate spericolate operazioni di Borsa il cui unico scopo era rinviare la fine dell’impero di don Salvatore.
É una mossa destinata a pesare anche nelle operazioni di salvataggio intorno a quanto resta dell’impero di quello che per vent’anni fu il protagonista edilizio a Milano, e che ancora oggi controlla con Fonsai la seconda assicurazione italiana. La fusione tra Unipol e Fonsai passa attraverso l’acquisizione da parte di Unipol del controllo di Premafin. Ma da ieri il 20 per cento di Premafin è sotto sequestro. Non si sa dove materialmente siano le azioni. Ma se si cercasse di usarle per votare in assemblea, andrebbero confiscate e consegnate ai pm. Ligresti lo sa, e ha già fatto sapere alla Procura di essere pronto a consegnarle spontaneamente.
L’operazione che ha fatto scattare il sequestro è riassunta con chiarezza all’interno della istanza di fallimento presentata lunedì da Orsi nei confronti di Sinergia e Imco, le due capofila del gruppo Ligresti. «Una serie di enti giuridici esteri hanno sistematicamente acquistato azioni Premafin in asta di chiusura in modo tale da determinare artificiosamente il prezzo del titolo al rialzo». Dietro le quattro anstalt, i due trust delle Bahamas, Heritage e Ever Green Security, «gestiti da tale Giancarlo De Filippo, persona vicina alla famiglia Ligresti». Scopo della manovra sui titoli, rinviare il redde rationem tra Ligresti e le banche verso cui Sinergia è esposta per 133 milioni e che hanno in garanzia azioni Premafin: se il titolo fosse crollato, sarebbero scattati i covenant che «avrebbero imposto il rimborso dei crediti e la dazione di ulteriori garanzie».
Il regista di tutta l’operazione, per la Procura, non può essere stato altri che direttamente il numero uno del gruppo, Salvatore Ligresti, per il quale l’accusa di aggiotaggio si va ad aggiungere a quella di ostacolo all’attività degli organismi di vigilanza, per cui è indagato già dall’estate scorsa. Due reati gravi, e che potrebbero essere solo l’antipasto dell’accusa di bancarotta che la Procura ha in serbo se l’istanza di fallimento avanzata lunedì dovesse essere accolta dal tribunale.
Ma che questo accada è, in realtà, tutto da vedere. Il tribunale fallimentare ha fissato la prima udienza per mercoledì 2 maggio alle 13: in quella data gli amministratori delle due holding dovranno comparire davanti al giudice Roberto Fontana per replicare alle affermazioni contenute nell’istanza di Orsi, che considera irreversibile lo stato di insolvenza delle due società. Non ci sarà una decisione immediata.
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