Il caso Pamplona-Unicredit accende l’allarme scalate

Il caso Pamplona-Unicredit accende l’allarme scalate

Dopo l’ingresso del fondo Pamplona (inglese ma con capitali e gestori russi) al 5% di Unicredsit, avvenuto grazie a opzioni trattate con Deutsche Bank (reale detentore della quota di capitale) il tema della contendibilità delle società italiane è tornato di grande attualità. Anche perché qui si tratta del cuore del sistema italia: non solo Unicredit è l’unica banca nazionale «sistemica», ma anche il primo azionista di Mediobanca che a sua volta lo è delle Generali. E da ieri ha oltre il 20% del suo capitale stabile è oltre i confini nazionali mentre solo un 12-14% sta in saldi mani italiane.
Dalla filiera Unicredit-Mediobanca dipende anche un pezzo del Corriere della Sera che, forse non ha caso, ha ieri lanciato l’allarme scalate in prima pagina. Il tema è che, a questi prezzi, per fondi arabi o asiatici non è difficile mettere insieme quote importanti di capitale, mentre il sistema dei soci italiani ha ben poche cartucce da sparare. Le Fondazioni, in particolare, che hanno garantito fin qui la stabilità di una banca come Unicredit, dopo tre aumenti di capitale non ne hanno più. Il loro rappresentante più autorevole, il vicepresidente Fabrizio Palenzona, sostiene da tempo la strategicità delle ex Casse di Risparmio, spesso invece attaccate per la loro autoreferenzialità e il legame più o meno strisciante con la politica.
In questo senso l’allarme del Corriere può essere l’allarme di un sistema assediato che si pone il problema di cosa potrebbe succedere nelle ipotesi più pessimistiche. Un allarme analogo lo ha lanciato giorni fa anche il presidente di Telecom Franco Bernabè.
Mentre proprio ieri Mps ha portato da 2 a 4 i miliardi prestati dallo Stato, preannunciando un ulteriore diluizione della Fondazione dal 36 al 25%. Insomma nonostante i limiti ai diritto di voto (in Unicredit è 5%) e le autorizzazioni della Banca d’Italia (necessarie dopo il 10%) il sistema bancario deve forse cominciare a guardare anche allo Stato, o a soluzioni limitrofe in grado di rafforzare le Fondazioni, se dovessero rendersi necessarie nuove ricapitalizzazioni per il sistema. Al momento l’iniziativa di Pamplona non ha peraltro contorni ostili. L’investimento del fondo russo in Unicredit è «stabile» e in un’ottica di medio periodo. Lo ha ieri assicurato una fonte informata. Aggiungendo che rispetto a un ulteriore incremento della partecipazione oltre al 5% «è difficile dirlo e pensarlo». Mentre è escluso un’interesse per l’ingresso nel cda: «Non è stata fatta richiesta né esiste un approccio in tal senso».


E sempre ieri si è appreso che Deutsche Bank, oltre ad aver finanziato Pamplona sul 5% con opzioni put and call esercitabili tra aprile e giugno 2014, detiene anche un ulteriore 1,06%, sempre legato a opzioni di acquisto, stipulate con diverse controparti ed esercitabili dal prossimo 5 luglio fino al 19 dicembre 2019.

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