Pur tra qualche mal di pancia, le Fondazioni si sono messe alla ricerca di una soluzione di compromesso sul nuovo corso della Cdp. Niente barricate, quindi, contro il golpe ordito da Matteo Renzi per azzerare il vertice della Cassa depositi & prestiti, oggi guidata da Franco Bassanini e Giovanni Gorno Tempini.
L'esito potrebbe essere disegnare un board allargato, dove le Fondazioni abbiano un rappresentante in più e indichino il vicepresidente, che parteciperebbe anche a un costituendo organismo di indirizzo. «Le cose migliori di Renzi sono da condividere», ha detto ieri il presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti, certo che il Tesoro, che controlla la Cdp e vigila sulle Fondazioni, non farà mai mancare il dividendo. Insomma, si nota tra gli Enti riuniti a Lucca per il loro congresso, Bassanini ha assicurato una sana gestione ma anche i nomi dei possibili nuovi vertici «offrono garanzie».
Tradotto, alla luce delle indiscrezioni sul piano del governo (nonostante l'importanza della partita, l'esecutivo ha brillato per assenza di informazioni ufficiali), via libera ai nuovi vertici voluti da Palazzo Chigi: Claudio Costamagna alla presidenza (carica che per Statuto spetterebbe alle Fondazioni) e Fabio Gallia capo azienda. A patto che siano affiancati da un'altra carica esecutiva espressione delle Fondazioni.
Il messaggio al governo è che, in ogni caso, gli Enti soci della Cdp dovranno avere voce in capitolo e che, quindi, l'esecutivo non potrà utilizzare il risparmio della Cassa in assoluta libertà. Il futuro della Cdp è ancora da decidere insomma. Anche sui nomi dei cinque consiglieri che il governo «deve nominare per forza», per usare le parole del premier, sale l'incertezza. Uno dei dirigenti pubblici tirati in ballo, Roberto Sambuco, ha fatto sapere che le notizie sulla sua nomina sono «destituite di ogni fondamento» e che conferma la sua stima a Bassanini.
Ci sarebbe incertezza anche sul nome dell'ad: Gallia resta in pole ma la nomina non è più scontata, come quella di Costamagna alla presidenza. «Non farò certo resistenza in nome di interessi personali, così come ho sempre fatto nella mia non breve esperienza istituzionale», ha ribattuto ieri Bassanini dopo le ricostruzioni giornalistiche sulla sua «resistenza» alla presidenza. Il governo avrebbe preferito un'uscita di scena veloce e consensuale. Gli azionisti privati di minoranza della Cdp, hanno frenato le ambizioni di palazzo Chigi.
Per il governo la vicenda Cdp sta diventando però un problema anche politico. Le opposizioni, in particolare la Lega, hanno criticato il premier e chiesto di tutelare i risparmiatori. Ben più pesante, dal punto di vista politico, l'attacco di Enrico Letta. «È grave andare contro l'autonomia della #CassaDepositiePrestiti. Non è un ministero», ha twittato l'ex premier. In un'intervista al Fatto quotidiano , ha definito il piano Renzi «da matita rossa».
«È grave - afferma - trattare la Cdp come un ministero o un'azienda pubblica in cui il governo cambia i vertici a suo piacimento e senza nemmeno rispettare le scadenze». Gli «atteggiamenti proprietari» di Renzi, secondo Letta, rischiano di ributtare la Cdp dentro il «perimetro del debito pubblico».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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