L'appuntamento del prossimo 29 novembre è cerchiato in rosso nell'agenda dei nuovi vertici di Cassa Depositi e Prestiti: in quella data il cda dovrebbe approvare le linee guida del piano industriale. Il primo firmato dall'ad, Fabrizio Palermo, in tandem con il presidente Massimo Tononi.
In attesa di conoscere i dettagli elaborati con la consulenza di Mc Kinsey, la strategia di fondo di questo «animale complicato» che gestisce i risparmi postali degli italiani sembra, però, già tracciata.
Secondo quanto riferiscono fonti bene informate al Giornale l'obiettivo della Cassa controllata dal Tesoro e partecipata (con il 16%) dalle Fondazioni sarebbe quello di sostituire il ruolo avuto nell'ultimo ventennio dalle stesse Fondazioni sul territorio. Ma naturalmente senza entrare nel capitale delle banche.
Con la crisi, istituti di credito come Mps, Carige e anche le ex popolari dall'Etruria alla Vicenza hanno dovuto fare di necessità virtù. Ovvero allentare il legame con la comunità locale di riferimento diventato nel tempo quasi incestuoso per i grovigli tra politica, clientele e finanza. Alla vigilia di una nuova fase di consolidamento del sistema bancario che verrà gestita sotto lo sguardo attento della Vigilanza della Bce e della Commissione Ue, verranno aperte le porte del capitale e dei cda a nuovi soci privati, anche stranieri (perchè più danarosi), che hanno già occupato spazi un tempo presidiati dalle Fondazioni. Queste ultime, sono infatti scese nel capitale delle banche e dunque hanno meno dividendi da reinvestire sul territorio, e stanno spostando il loro focus sulla riorganizzazione del terzo settore. Le più fragili verranno probabilmente fuse a livello regionale. Quel supporto verrà quindi garantito da Cdp. «Vogliamo essere più presenti sul territorio, in grado di aiutare gli enti locali non solo quando si tratta di finanziare un'opera, ma anche di valutarla e progettarla», ha detto qualche giorno fa il presidente della Cassa, Tononi. In questa logica di sostegno all'economia, verrà potenziato anche il ruolo di Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, di proprietà del Ministero dell'Economia. Con un diverso timoniere, però: l'attuale ad, Domenico Arcuri, potrebbe lasciare il timone entro fine anno per lasciare il posto a un dirigente interno scelto dal nuovo governo.
Ma, al netto delle poltrone in Invitalia, la componente grillina dovrà rinunciare a trasformare Cdp in una banca pubblica per gli investimenti. Come sembra essere già fallito il tentativo di Luigi Di Maio di coinvolgere la Cassa Depositi nel salvataggio di Alitalia.
Quanto al Monte dei Paschi, il dossier su una fusione propedeutica all'uscita dello Stato dal capitale è già da qualche mese nelle mani del ministro del Tesoro, Giovanni Tria: lo scorso 17 ottobre a Milano, prima del Comitato esecutivo dell'Abi, ha incontrato il presidente della banca senese, Stefania Bariatti per fare il punto sull'avanzamento del piano industriale e in particolare sulle cessioni chieste dalla Ue.
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