L'avvio di una «fase due» per quanto riguarda gli investimenti nella galassia Finmeccanica, un impegno nella rete Telecom e un deciso «no» al dossier Alitalia. La chiave per capire quali saranno le prossime mosse della Cdp nello scacchiere dell'industria italiana, divisa tra necessità di rilancio e difesa della proprietà, sta nell'accusa mossale in questi mesi: essere diventata la nuova Iri. «Niente di più falso» hanno ripetuto i vertici della società, ricordando che la Cassa «è un'istituzione finanziaria con una missione pubblica». A differenza dell'Iri - che utilizzava i fondi dello Stato, quelli in sostanza legati alla fiscalità generale - la Cassa gestisce il risparmio privato. E nel dettaglio quello postale. Un discrimine non da poco per poter decifrare la strategia della Cassa controllata per l'80,1% dal ministero dell'Economia e per il 18,4% dalle Fondazioni bancarie. Se ,infatti, la Cdp fosse la nuova Iri, non avrebbe alcun problema (se non quello di doversi poi giustificare con i contribuenti o con l'Europa) a «salvare» tutte le aziende decotte e sotto assedio, da Alitalia ad Ansaldo Breda. Ma così non è, visto che la Spa gestisce i risparmi postali di circa 12 milioni di investitori e, pur essendo controllata dal Tesoro, non è libera di investire senza «paletti». E così, se il disegno che l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva in mente fin dal 2001 comincia oggi a prendere forma, il nuovo ruolo della Cassa - attiva nel finanziare gli enti locali, ma focalizzata su importanti partecipazioni pubbliche (Eni, Snam e Terna) - necessita un'attenta «scrematura».
Sia se a muoversi è direttamente la capogruppo o il suo fondo di investimento strategico, l'Fsi. Il primo agisce sostanzialmente a debito e ha appena approvato un piano al 2015 da 80 miliardi e il secondo attraverso equity e ha una disponibilità di cassa fino a 7 miliardi, anche se fin ora ne sono stati versati quattro.
Finmeccanica alla fase due
L'Fsi, il fondo controllato dalla Cdp e guidato da Maurizio Tamagnini, punta (da statuto) a sostenere la crescita di aziende competitive, non a salvarle dal baratro. Fino a oggi, ha concluso pochi investimenti in Metroweb (fibra ottica), Kedrion (plasmaderivati) ed Hera (utility bolognese in cui l'ingresso del Fsi tramite aumento di capitale è ancora in corso). Venerdì, poi, il braccio operativo della Cdp ha acquisito l'84,55% di Ansaldo Energia per evitare che un asset importante per l'industria italiana finisse in mani straniere. Di fatto però la partita Ansaldo non si esaurisce qui. In primis perché in base al suo statuto il fondo non può rimanere in maggioranza, se non per un periodo transitorio. Ecco, quindi, che sul tavolo di Tamagnini resta l'offerta dei coreani di Doosan. A loro sarà fatto spazio progressivamente ma l'Fsi, scendendo nel capitale, manterrà un controllo decisionale. Inoltre, sul fronte Finmeccanica restano aperte le partite che riguardano Sts e Breda. Per quanto riguarda la seconda, in forte perdita, potrebbe nascere una bad company che separi gli asset buoni da quelli meno redditizi. E in questo quadro il fondo sarebbe pronto a muoversi investendo in una società che raccolga un pacchetto di asset gestibili.
Telecom, si guarda alla rete
Sul fronte Telecom, la partita che interesse la Cassa riguarderebbe la rete, e non la società in sè, appannaggio ormai degli spagnoli di Telefonica e del risiko internazionale. Il problema riguarda però lo scorporo. Con la privatizzazione, infatti, la rete di telecomunicazioni non è rimasta nelle mani dello Stato. E, dunque, per potervi investire è ora necessario che l'Authority e il governo trovino un accordo con la società che, per ora, tiene in «ostaggio» l'infrastruttura. A prescindere dalla forma societaria che verrà trovata dalle parti, resta comunque alto l'interesse della Cdp. In questo caso, sarebbe proprio la Cassa a muoversi, perché quello nella rete sarebbe un tipico investimento da fare a debito.
Non entra in Alitalia
Quanto ad Alitalia, infine, mentre il governo dice che «sono ancora aperte tutte le opzioni» e in attesa che chiarisca le prossime mosse (e dia corpo o meno alle voci di integrazione con le Fs), una fonte vicina alla Cassa chiarisce che «nell'ex compagnia di bandiera non potrà essere fatto alcun investimento. Non solo perché la società è in perdita, ma perché non si intravede un piano di sviluppo che possa dare garanzie nel lungo termine.
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