Cinzia Meoni
A un anno dalla svalutazione dello yuan che aveva gettato nel panico le Borse mondiali, il Fondo monetario internazionale prende atto del rallentamento di Pechino e ribadisce che questo è destinato a proseguire anche nei prossimi anni. Almeno fino al 2021.
Oggi tuttavia il renminbi «è in linea ai fondamentali». Non solo. Per Washington la direzione intrapresa dal governo di Li Keqiang di passare da un'economia basata su industria e investimenti a una centrata su servizi e consumi, porterà nel lungo termine «a una crescita maggiore, di qualità migliore e più robusta». La strada da percorrere tuttavia, a giudizio dell'Fmi, è ancora lunga a passa dal rafforzamento della governance finanziaria e dal contenimento della rapida crescita del credito.
I dati dell'Ufficio nazionale di statistica cinese, diffusi ieri, mostrano una produzione industriale in aumento a luglio del 6% a luglio, in rallentamento rispetto a giugno e al di sotto delle previsioni degli esperti. Deludenti anche le vendite al dettaglio che, sempre a luglio, hanno registrato un aumento del 10,2% rispetto all'anno prima, meno tuttavia del dato di giugno e al di sotto delle attese del mercato. I dati sono risultati inferiori alle attese anche per quanto riguarda il credito. In questo scenario il Fondo guidato da Christine Lagarde ha confermato per quest'anno una stima relativa a una crescita del Pil del 6,6%, dopo il +6,9% del 2015. E il rallentamento proseguirà anche nei prossimi anni come attestato dall'organismo: il Pil è stimato in crescita del 6,2% nel 2017, del 6% nei due anni successivi, del 5,9% nel 2020 e del 5,8% nel 2021. Nello stesso arco temporale però i redditi disponibili come percentuale del Pil saliranno dal 63,2% previsto per il 2016 al 64,2% del 2020-21.
L'Fmi ha poi invitato Pechino a non fissarsi troppo sugli obiettivi posto che questo ha portato a un'attenzione indesiderata sul breve termine. «Se i target annuali saranno mantenuti, dovrebbero essere stabiliti con flessibilità e a livelli sostenibili (per il 2017 a circa il 6%) e la loro importanza dovrebbe essere diminuita rispetto ad altri indicatori (come la crescita dei redditi delle famiglie)», ribadisce l'Fmi.
Che tra le righe sottolinea che le stime cinesi potrebbero essere state gonfiate. «C'è qualche segnale che indica una possibile esagerazione della crescita recentemente, ma quell'esagerazione è probabilmente moderata».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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