Economia

Confartigianato: ritardo pagamenti e tasse zavorrano le imprese

Il grido d'allarme di Confartigianato: l'Italia è al 50° posto nella classifica mondiale per le condizioni favorevoli a fare impresa

Confartigianato: ritardo pagamenti e tasse zavorrano le imprese

Da anni c'è una piaga che affligge le piccole e medie imprese artigiane: "Il problema irrisolto dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione verso chi fornisce beni e servizi". A ricordarlo è Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, nella sua relazione all'assemblea annuale dell'associazione. Si tratta, ha aggiunto, "di una montagna di 64 miliardi di euro e gli imprenditori devono ancora attendere in media 95 giorni per vedersi saldare le fatture dagli Enti pubblici, nonostante la legge imponga il pagamento in 30 giorni".

C'è un'Italia che corre e un'Italia che frena. Gli artigiani e le piccole imprese, infatti, si sforzano di agganciare la ripresa con numeri di tutto rispetto. Nel 2016 sono nate 319 imprese artigiane al giorno. Sempre lo scorso anno, le piccole imprese hanno esportato nel mondo 117,4 miliardi di prodotti (1,5 miliardi in più rispetto al 2015). In innovazione i piccoli imprenditori spendono 5 miliardi l'anno, 6.600 euro per addetto (il 6,5% in più rispetto alla media di tutte le imprese). Quanto a produttività, in 3 anni le piccole imprese manifatturiere hanno fatto meglio delle grandi imprese italiane e delle piccole aziende tedesche: la produttività è aumentata del 10,7%, rispetto al +1,6% delle grandi aziende italiane e al +0,8% delle piccole imprese tedesche. Ma a fronte di questi primati positivi delle piccole imprese c'è un'Italia di record negativi che rallenta la loro corsa verso la ripresa.

A intralciare il cammino dei piccoli imprenditori, si legge nel documento, sono le zavorre monitorate dall'associazione in 13 ambiti e che confinano l'Italia al 50° posto della classifica mondiale per le condizioni favorevoli a fare impresa. A cominciare dal fisco: nel 2017 il carico fiscale arriva al 43% del Pil. In pratica paghiamo 24,3 miliardi di tasse in più rispetto alla media europea. Soltanto la Francia ci supera con il 47,5%. Per le piccole imprese il prelievo maggiore si registra nei Comuni più inefficienti: tra Imu, Tasi e addizionale Irpef un piccolo imprenditore paga 4.373 euro l'anno.

"Le piccole imprese, l’artigianato, l’impresa diffusa, sono stati colpiti anche dalle politiche a misura di grande impresa", denuncia Merletti. "Uso il singolare per dare l’idea della differenza in termini di numeri Noi siamo il 99% delle imprese del Paese... - aggiunge - Invece il sistema politico non smette di scoraggiare gli imprenditori che creano lavoro. Perché troppe norme creano burocrazia e controlli inutili di cui si avvantaggiano quelli che riescono a trovare i mezzi per eluderli. Si sa che regolamenti e leggi pensati per i disonesti finiscono per penalizzare gli onesti". Ma le occasioni "di redenzione", prosegue Merletti, "per fortuna ci sono e si possono cogliere anche tardivamente. Quella di oggi ha un numero: '4.0' ed è la traduzione in italiano di una rivoluzione mondiale che applica la digitalizzazione all’economia e alla società, cambiando il modo di produrre e di vendere, connettere i mercati e far fare a tutti un balzo in avanti".

Sempre meno credito agli artigiani: in 5 anni è calato di 14 miliardi, la soluzione può arrivare dal Fondo centrale di garanzia. "Il credito - afferma Merletti - è un altro fondamentale fattore abilitante dello sviluppo. Come possiamo crescere se dal 2011 al 2016 i prestiti all’artigianato sono diminuiti di un quarto, pari a quasi 14 miliardi di euro in meno? Come possiamo investire per essere al passo con le nuove tecnologie, come possiamo usufruire di ammortamenti e super ammortamenti se il credito per il mondo della micro e piccola impresa è sempre di meno? Strumento essenziale per far fronte a questo problema è il Fondo centrale di garanzia. È necessario che torni ad operare nel prevalente interesse delle imprese che ne hanno bisogno e non per ridurre l’assorbimento di capitale per le banche. Riteniamo necessario evolvere e superare il credito bancario tradizionale verso forme più complete di finanza aziendale, che sappiano cogliere le sfaccettature dei bisogni delle imprese, sempre più complessi e connessi con le nuove forme di produzione e commercializzazione". Tuttavia, aggiunge Merletti, "vorremmo avere il sistema bancario al nostro fianco, realmente e concretamente.

Non è che la riforma delle banche popolari prima e delle banche di credito cooperativo poi, abbiano migliorato le cose per noi, anzi".

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