Confesercenti: in un anno 35 miliardi di tasse in più

Per Confesercenti, quest'anno ogni famiglia pagherà 1450 euro in più rispetto all'anno scorso. Italia fanalino di coda in Ue anche per le tasse sulle imprese: sono il 68,3% dei profitti

Confesercenti: in un anno 35 miliardi di tasse in più

Nel 2012 pagheremo 35 miliardi in più rispetto all'anno scorso. Su ogni famiglia peseranno quindi 1450 euro a famiglia in più per effetto delle tre manovre approvate nell'ultimo anno e la pressione fiscale toccherà il 44,7% del pil (2,2 punti rispetto al 2011).

Secondo Confesercenti, l'Italia è al terzo posto tra i 27 paesi Ue per la pressione fiscale. Tasse più alte ci sono solo in Danimarca e Svezia. Rispetto alla media europea sono 5 punti in più: in pratica 10 euro al giorno per famiglia in più rispetto ai nostri vicini di casa.

E peggio andrà nel 2013, quando la pressione fiscale raggiungerà il 45,3% del Pil: 9 miliardi in più rispetto al 2012 (44 miliardi in più dell'anno scorso). E cioè altri 380 euro per famiglia. A pesare sono soprattutto le imposte locali: fra il 2000 e il 2011 il prelievo di regioni, province e comuni è aumentato del 41% rispetto al 34% a quelle dello Stato. La possibilità di aumentare le aliquote per gli enti locali fa pensare che nei prossimi anni questo divario aumenti.

Pmi e lavoratori dipendenti, tra l'altro, scontano Irap, Irpef e addizionali locali: per loro l'aumento sarà di 1,5 punti quest'anno e, progressivamente, di 2,5 punti fino al 2018. L'aumento dell'Iva, poi, farà cadere consumi e fatturato. Senza contare che molte aziende preferiscono non modificare i prezzi per non disincentivare ulteriormente gli acquisti.

Alle imposte, inoltre, vanno aggiunti i costi per burocrazia e contabilità. Specie per le piccole e medie imprese che spendono ogni anno 26 miliardi di euro. L’Italia, del resto, è il fanalino di coda in Europa per carico fiscale sulle aziende.

A dirlo stavolta è la Banca Mondiale, secondo cui la pressione fiscale è del 68,3% dei profitti, rispetto a una media europea del 42,6% e mondiale del 44,7%. A livello mondiale non va meglio: l’Italia è al 131esimo posto su 185 Paesi interessati dall’indagine

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