Ha vinto di una incollatura, come si conviene a uno che ha fatto fortuna producendo adesivi. Giorgio Squinzi, 69 anni, patron della Mapei, primo produttore mondiale di adesivi e materiali per l’edilizia, ha battuto per 93 voti a 82 Alberto Bombassei, titolare della Brembo, ed è il nuovo presidente della Confindustria. Squinzi subentrerà a Emma Marcegaglia a fine maggio, dopo il voto dell’assemblea pubblica, che dovrà ratificare quello della giunta di ieri. «Il mio obiettivo è essere il presidente di tutti - ha detto Squinzi in conferenza stampa - e ricompattare la Confindustria al di là delle divisioni più apparenti che reali».
I due candidati alla presidenza di viale dell’Astronomia in realtà erano il fermo immagine di due anime di Confindustria. La prima, quella vincente di Squinzi, legata a Marcegaglia nel senso di una continuità nel cambiamento. La seconda, quella di Bombassei, uscita sconfitta pur se di poco, favorevole a una «rifondazione» dell’ente e al lavoro per un rientro di Fiat all’interno di Confindustria. Così Bombassei era stato etichettato come falco e Squinzi come colomba. Definizione questa che il presidente neodesignato degli industriali rifiuta.
«Non sono una colomba, semplicemente non sono per gli scontri, ma per un colloquio continuo, costruttivo, per individuare i problemi e risolverli insieme». Bombassei rispetto a Squinzi era sembrato in sede di «campagna elettorale» anche più risoluto sulla questione dell’articolo 18, da lui definito «un tappo per l’economia». Squinzi si sbilancia meno: «Prima di dare giudizi, aspettiamo di vedere quel che succede». Per il titolare della Mapei la questione che in questi giorni divide l’Italia è «l’ultimo dei problemi». Più urgente «dare una spinta importante nella direzione della crescita del Paese», con strumenti però tutti da inventare.
Le dichiarazioni concilianti della prima conferenza stampa da presidente in pectore, tuttavia, riflettono la necessità di trovare una coesione che nei numeri non c’è. E, secondo i rumor di viale dell’Astronomia, Squinzi si sarebbe assai lamentato con il suo staff per avergli rappresentato una maggioranza schiacciante che nei numeri non s’è rivelata tale.
«Le proiezioni ricavate dalle consultazioni dei saggi (105 a 50; ndr) non tenevano conto dei componenti di giunta che non hanno incarichi in Confindustria, si sapeva che avrebbe vinto con una maggioranza di una ventina di voti», rivela un imprenditore che conosce bene l’ambiente. Bombassei è riuscito a svolgere un’ottima attività di mobilitazione e far votare quasi tutti gli aventi diritto (175 su 187) ricompattando Nord-Est, Piemonte, Liguria e una buona fetta - anche se minoritaria - dei voti lombardi. La maggioranza di Assolombarda si è espressa pro-Squinzi grazie all’intervento decisivo del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, amico personale del neopresidente.
Ecco perché alla fine l’ad di Eni, Paolo Scaroni, ha potuto affermare: «Abbiamo fatto la differenza, abbiamo votato per Squinzi e così abbiamo evitato il pareggio che sarebbe stato una cosa abbastanza antipatica». In realtà il gruppo petrolifero ha espresso 5 voti su 6 perché l’ad, precipitatosi a Roma da Londra, non ha fatto in tempo a depositare la scheda nell’urna, ma è chiaro che se Eni avesse optato per Bombassei (come si vociferava) si sarebbe determinata un’impasse. Evitata anche in virtù delle defezioni di alcuni «bombasseiani» eccellenti, sicuri di una sconfitta di proporzioni ben maggiori.
Ora l’attenzione si sposta sul toto-nomine. Del team squinziano farà sicuramente parte Aurelio Regina, presidente dell’Unione industriali di Roma e grande elettore. Un posto dovrebbe essere assicurato anche a Ivan Lo Bello, presidente anti-mafia di Confindustria Sicilia. Emma Marcegaglia, che a differenza dei suoi predecessori, ha fatto campagna attiva per Squinzi, è praticamente sicura di una conferma alla guida della Luiss, l’università confindustriale.
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