I conti correnti in pericolo. Come salvarsi dalla chiusura

A rischio i conti correnti con giacenza media pari o superiore a 100 mila euro. Le banche prendono provvedimenti. Ecco chi rischia la chiusura o un sensibile aumento nei propri costi di gestione. Come è possibile evitarlo?

I conti correnti in pericolo. Come salvarsi dalla chiusura

Chiusure forzate, aumento dei costi di gestione, tassi di interesse negativi pronti a minare i risparmi dei consumatori. Questi gli scenari che - in relazione ai propri conti correnti - gli italiani sembrano dover fronteggiare, chiamati a rispondere all'esigenza della Banca Centrale Europea (Bce) di portare le banche a garantire una maggiore immissione di denaro nella propria economia reale. E allora, ecco i provvedimenti: una sempre più costosa gestione della liquidità a carico delle banche stesse, tassi di interesse che raggiungono valori negativi, la conseguente necessità da parte degli istituti di credito di muoversi affinchè tutto ciò possa essere arginato - almeno per quanto possibile.

Per provare a comprendere tutto ciò, però, è necessario partire da alcuni dati: facendo riferimento allo scorso febbraio, stiamo parlando di circa 1.746 miliardi di euro "immobilizzati" dai risparmiatori italiani nei conti correnti degli istituti di credito, quasi 200 milioni in più - considerando la giacenza media - rispetto all'anno precedente. I dati dell'Associazione Bancaria Italiana (Abi) parlano di un aumento di depositi pari al 10.2%, anticipato dall'11.6% annuo - circa 181 milioni di euro - relativi al gennaio dell'anno precedente. A questo - ed è anche questo un dato che ha fatto allarmare le banche italiane - è seguito un aumento dei costi di gestione dei conti online, arrivato nel 2019 - secondo i dati della Banca d'Italia - a circa 21.4 euro, 5.9 in più rispetto all'anno precedente.

Tutto ciò non fa che rallentare le manovre e alla linea economica dettata della BCE, oltre a generare un vero e proprio freno dell'economia reale pericoloso per i risparmiatori stessi. L'unica soluzione, in tal senso - già portata avanti da alcuni paesi dell'UE come Belgio, Germania e Francia, è minare le ricchezze “sterili”, quali sono i depositi superiori ai 100 mila euro con assenza di qualsiasi forma di finanziamento - mutuo o prestito - o di qualsiasi forma di investimento in prodotti di risparmio gestito o amministrato.

Fineco annuncia chiusure

È di ormai qualche settimana fa la decisione di Fineco - forse la più radicale - di muoversi nell'ottica della chiusura dei conti con giacenza media pari o superiore ai 100 mila euro. Attraverso la "Proposta di modifica unilaterale di contratto ai sensi dell’art. 118 del decreto legislativo n. 385/93", infatti, la banca avrebbe già provveduto ad avvisare i propri correntisti privi di investimenti o finanziamenti - circa un migliaio sui 1.4 milioni di clienti totali. A questo avviso, poi, seguirà l'invio di una comunicazione ufficiale via raccomandata o pec. Da parte dell'istituto, ovviamente, la volontà è quella di trovare una soluzione che possa evitare questa comunque consistente fuga di clienti e - di conseguenza - di denaro: in tal senso, l'obiettivo è proporre campagne volte a suggere loro diversi altri modi per investire il proprio denaro e non lasciarlo vittima immobile dell'inflazione (si può pensare a fondi comuni, azioni o obbligazioni).

Le misure di Unicredit e Intesa San Paolo

Obiettivo simile - ma raggiungibile attraverso provvedimenti meno radicali - quello di Unicredit e Intesa San Paolo: qui la mission è quella di convicere i propri investitori a far fruttare, anche con rendimenti davvero irrisori, i soldi depositati. Spiega Unicredit come "ai clienti, retail e imprese, la banca offrirà soluzioni alternative ai depositi come ad esempio investimenti in fondi di mercato monetario senza commissioni e obiettivi di performance in territorio positivo. Questo con l’obiettivo di offrire un rendimento vicino allo zero, piuttosto che avere giacenze inutilizzate". La stessa Unicredit che - intanto - ha introdotto la "excess liquidity fee", una commissione pari allo 0.5% sulle giacenze superiori a 100 euro per i conti intestati ad aziende e partite Iva.

...e le altre banche?

Considerando un aumento di 24.5 euro trimestrali rispetto al 2019 nel costo di gestione di questi conti correnti, anche le altre banche italiane hanno dovuto prendere provvedimenti: dallo scorso 5 febbraio, Bper ha istituito una “commissione di liquidità rilevante" (Clr) sulla nuova apertura di conti per partite Iva e imprese con cifre superiori a 100 mila euro, Bnl si appresta ad addebitare 1000 euro ogni trimestre alle imprese aventi giacenze superiori al milione di euro, Banco Bpm ragiona su un sistema di commissioni proporzionali alle cifre depositate.

Prendendo a esempio la Deutsche Bank, invece, Credito Emiliano cercherebbe di intraprendere una linea "costruttiva", volta a "rendere i clienti consapevoli del rapporto costi/benefici nel tenere i propri risparmi fermi sui conti correnti, perdendo delle interessanti opportunità di investimento in equity". Secondo quanto riferito da MF-Milano Finanza, poi, Banca Popolare di Bari sarebbe pronta a seguire la strada intrapresa da Fineco.

I conti correnti in Europa

Per una corretta analisi dell'evoluzione di tale questione sul territorio europeo, è necessario considerare - prima di tutto - come l'ammontare dei risparmi italiani superi di gran lunga quello degli altri paesi. Inoltre, va evidenziato come Germania e Francia abbiano adottato tassi negativi sulle giacenze superiori ai 100 mila euro: una misura che in Italia non è applicabile, e che ha spinto i risparmiatori tedeschi a rifugiarsi nei conti correnti italiani. Andando più a fondo, va specificato come la prima a introdurre questi tassi negativi sui grandi clienti corporate sia stata la banca belga Kbc, seguita poi da Ing - decisa ad applicare un tasso di interesse dello -0.5% sui conti correnti con oltre due milioni di euro. Ancora più dura la linea della Volksbank - la seconda più grande banca cooperativa tedesca: il tasso qui è dello -0,5% sui depositi superiori a 100.000 euro.

Cosa è successo in passato

Non si tratta, certo, della prima offensiva dele Bce volta a contrastare l'immobilismo finanziario europeo: basti pensare come, già nel 2017, i risparmiatori italiani furono investiti da un graduale ma generalizzato aumento dei canoni annui - con Intesa San Paolo, nell'occasione, a fungere da apripista. A questo venne comunque affiancato un "solido impianto strategico sul risparmio gestito", tramite le controllate Eurizon e Fideuram.

E ancora, considerando i costi di gestione record toccati nell'ormai lontano 2010 - si era arrivati a 90 euro, i dati di Banca d'Italia hanno riscontrato come dopo i seguenti 5 anni di discesa, i prezzi siano nuovamente tornati a salire: nel 2018 - infatti - per il secondo anno consecutivo, la spesa media per la gestione di un conto corrente è arrivata a 79,4 euro. Un altalena che ha riguardato anche il costo dei conti correnti bancari online e di quelli postali.

Consigli per i consumatori

Per fare chiarezza e approfondire il punto di vista dei consumatori, ci siamo rivolti all'Avvocato Professore Stefano Cherti, responsabile banche e assicurazione dell'Unione Nazionale Consumatori: "Vi è un dato da cui partire e, cioè, che secondo stime recenti i depositi bancari degli italiani superano i 1.500 miliardi di euro (una cifra davvero considerevole); oggi non è più pensabile considerare il proprio conto corrente come una sorta di “materasso” sotto, o dentro il quale, tenere nascosti i soldi. Questo vale ancor di più quando la liquidità è tutt’altro che trascurabile, superando una giacenza media di 100 mila euro/anno (una disponibilità molto alta). Dal punto di vista giuridico non bisogna dimenticare che in caso di fallimento della propria banca il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, garantisce i soldi sui conti correnti fino a 100 mila euro; oltre quella cifra si corre il rischio di perdere la parte eccedente i 100 mila. Dal punto di vista economico, poi, con tassi di interesse così bassi i rendimenti di un conto corrente si avvicinano allo 0 (e a volte sono negativi)".

Necessario riflettere, allora, sulle forme più comuni e - soprattutto - convenienti di investimento: "Oggi l’offerta di prodotti è molto vasta e un risparmiatore a seconda del grado di rischio (basso, medio, alto) che è disposto a sopportare può trovare una miriade di prodotti di investimento. Questi sono offerti in maggior misura dal modo bancario (fondi di investimento, PIR, ecc.); ma anche dal modo delle assicurazioni (polizze assicurative, ecc.). L’offerta è ampia, ma le informazioni reperibili già in rete sui più importati siti istituzionali (Banca d’Italia, IVASS, Feduf) aiutano il cittadino/investitore a farsi una prima idea. Si badi bene; parliamo di siti istituzionali con informazioni controllate e validate, non dei siti di soggetti privati attenti al loro tornaconto e che non informano, ma semplicemente pubblicizzano il prodotto a loro più conveniente". E a chi rischia la chisura del proprio conto o l'aumento dei costi di gestione, Stefano Cherti consiglia di diversificare - gestione dei soldi ed eventuali investimenti futuri: "Intanto, come regola prudenziale, è bene se la disponibilità monetaria è ampia, avere più conti correnti con istituti diversi. Ad esempio, se un soggetto ha 300 mila euro è bene suddividere la somma tra 3 diverse banche e in questo modo, abbassandosi la soglia, nessun istituto obbligherà mai alla chiusura. Comunque, per quanto accennato prima, è poco auspicabile che effettivamente una persona abbia tutta questa liquidità su un unico conto; è bene investirne una parte. Inoltre, non bisogna mai dimenticare anche il versante delle truffe “on line”, avere tanti soldi su un conto aumenta il rischio di perdere tutto, una volta che si venga coinvolti in una di queste truffe".

E per chiedere aiuto, chiarimenti o informazioni relative alla gestione dei propri soldi? Per l'Avvocato è necessario consultare fonti differenti prima di agire: "Per informarsi correttamente in questa materia è meglio lasciar perdere i consigli “degli amici”; è bene rivolgersi e chiedere informazioni a più soggetti e, una volta consultate 2 o 3 fonti, farsi una propria idea.

Sentire una sola “campana” è sbagliato. Le stesse associazioni dei consumatori, che non hanno scopo di lucro, possono fornire indicazioni al riguardo. Più un soggetto è terzo e disinteressato, maggiore sarà la credibilità di quanto consiglia".

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