Il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, non ci sta alla vulgata che a pagare il conto di questi due anni di salvataggi - da quello di Banca Etruria a quello di Monte Paschi e delle due ex popolari Venete - siano stati solo i contribuenti italiani e le stesse banche per un totale stimato di 24 miliardi. «Non è vero, la giustizia è dello Stato. Ricordo - ribatte il banchiere che per primo ha pubblicamente chiesto che i responsabili dei dissesti paghino le loro colpe - diverse sentenze di primo grado di tribunali di condanne penali poliennali sebbene non ancora definitive. Abbiamo grande rispetto per la magistratura, per le procedure e per il lavoro che svolgerà la Commissione parlamentare di inchiesta che potrà venire a conoscenza di elementi tuttora coperti da segreto: confido sia fatta piena luce».
Presidente Patuelli, il suo appello a svelare i nomi dei grandi clienti insolventi è però caduto nel vuoto
«A parole ebbi molti consensi, non ricordo voci contrastanti. Rimane il fatto che i nomi stanno venendo fuori dal lavoro della magistratura che sta sollevando anche il velo sui rapporti tra i vertici delle banche in crisi e quelli delle imprese insolventi. Poi la Commissione parlamentare se vorrà potrà ottenere tutti i nomi delle aziende che con l'insolvenza hanno contribuito ai dissesti creditizi insieme alle loro cattive gestioni».
La nascita della Commissione è stata molto difficile. Il suo lavoro potrebbe non portare i risultati sperati?
«Le commissioni nascono in momenti di particolare complessità. Il problema è vedere quali metodi di lavoro e priorità si darà la Commissione in applicazione dei compiti della legge».
L'industria bancaria come affronterà la concorrenza dei nuovi colossi digitali?
«Non temo mai la concorrenza, ho memoria di quando alcuni temevano l'apertura delle frontiere europee. Io invece sono da sempre convito che la concorrenza stimola e fortifica, purché viga correttezza e uguaglianza dei punti di partenza. Chi viene in Europa a operare nel mondo creditizio e finanziario deve rispettare tutte le regole vigenti. Non è possibile che ci sia contemporaneamente una iper-regolamentazione per gli operatori europei e un anarco-capitalismo per chi viene da fuori: in sostanza cuis regio, eius lex. Con regole paritetiche le banche italiane ed europee hanno piena capacità competitiva anche perché non sono seconde a nessuno in innovazione».
Mps tornerà in Borsa a fine settembre, contribuirà a ridare fiducia nell'industria?
«Sono convinto che con l'approvazione del decreto legge a fine luglio sia stata superata la fase delle crisi bancarie, peraltro la vigilanza europea e nazionale non evidenzia altri casi significativi. Agosto è stato il primo mese della nuova stagione».
L'immagine dell'industria bancaria sul grande pubblico non è mai stata così ammaccata. I prestiti scarseggiano e le sofferenze sono un fardello da 70 miliardi.
«I problemi non sono stati uniformi, ci sono banche che sono molto amate. Aggiungo che da diversi mesi i prestiti a famiglie e imprese sono in crescita, la verità è che l'offerta di credito eccede la domanda di quanti hanno conti fiscalmente in ordine. I tassi inoltre sono incredibilmente bassi».
I tassi rappresentano una debolezza per il business. Cosa farete per rimediare?
«Oggi i margini sono stretti ma ora la tendenza dei tassi è in ripresa, a partire dagli Stati Uniti. Le ristrutturazioni sono state inoltre molto considerevoli: il rapporto tra tassi attivi e passivi si è ridotto di oltre un terzo rispetto a prima della crisi».
Quali devono essere i capisaldi del prossimo contratto di categoria?
«Il primo presupposto è il rapporto molto costruttivo in essere con le rappresentanze sindacali, il secondo l'accordo dell'8 febbraio sulle regole per prevenire gli abusi nella vendita dei prodotti finanziari, il terzo è il comune interesse delle imprese bancarie e dei sindacati a sviluppare quelli che alcuni definiscono nuovi modelli di business, E che io definisco nuove attività complementari a quelle creditizie classiche. Vedo tre laboratori volti a: ridurre le spese di struttura, ridurre i crediti deteriorati, trovare nuove linee di business. Il dialogo è aperto anche a forme innovative di contrattualistica che possano tenere conto anche di mondi complementari come quello finanziario e assicurativo».
Quindi un contratto unico e un bancario non dipendente ma libero professionista?
«Il mondo del credito è pronto a compiere innovazioni per svilupparsi».
Gli oltre 22mila tagli all'occupazione già previsti nel settore, appaiono i primi della nuova era. Il Fondo esuberi è sostenibile o dovrà essere ancora più finanziato dallo Stato come è stato necessario per evitare il bail-in di Mps e delle due Venete?
«Il fondo è sostenibile e gestito nella maniera più trasparente: il mondo bancario, aziende e addetti, riceve meno risorse di quante non ne versi allo Stato per la Cig, che non utilizza. Ora vigileremo che sia rispettato il principio che il denaro stanziato ma non utilizzato sull'anno confluisca nelle disponibilità del Fondo per l'anno successivo».
Come replica a chi considera i bancari privilegiati rispetto a altre categorie che vanno in pensione più tardi e a condizioni peggiori?
«Gli altri usufruiscono della cassa integrazione, i bancari no, quindi gli anni di lavoro sono quelli reali».
L'Italia deve ridurre il debito, prima che alla Bce arrivi un presidente tedesco. Quali le misure più urgenti?
«Il parametro sul debito pubblico deve essere duplice: rispetto al pil e in cifra assoluta. Occorre che su ambedue ci sia un segno di riduzione, e la ripresa del pil agevola questo obiettivo. Due le priorità della prossima legge di Bilancio: l'occupazione, soprattutto giovanile, e la riduzione del debito perché questo aumenterebbe la credibilià dell'Italia sui mercati internazionali.
Settori chiave per il Paese come quello turistico mostrano comunque già grande vivacità. Prima di fine legislatura è però fondamentale completare le riformEeistituzionali del diritto fallimentare e della giustizia civile».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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