Crisi, fallimenti record delle imprese: +12%

Sono sempre più le aziende costrette a portare i libri in tribunale. L'Ocse avverte: "Italia in recessione, non toccare le tasse"

Crisi, fallimenti record delle imprese: +12%

Messi i conti in ordine, ora bisogna rilanciare la crescita. Il grido d'allarme viene dalle imprese che, sempre più sommerse da tasse e balzelli, sono costrette a portare i registri in tribunale. Solo tra gennaio e marzo 2013 in 3500 hanno dichiarato fallimento, circa il 12% in più rispetto al primo trimestre dello scorso anno, come rivelano i dati Cerved (gruppo specializzato nell’analisi delle imprese e nei modelli di valutazione del rischio di credito). Crescono anche i concordati preventivi del 76% su base annua, con un boom per quelli "in bianco" introdotti dalla nuova legge di settore. L’aumento dei fallimenti non risparmia comunque nessuna area del Paese. In particolare il Nord Est, in cui il numero di default era in diminuzione dalla metà del 2011, ha fatto registrare una forte impennata delle procedure, con un incremento del 24%. Non va molto meglio nel Nord Ovest (+15%) e Centro Italia (+9%), mentre al Sud l'aumento dei fallimenti è del 3%.

Complessivamente le chiusure aziendali hanno accelerato di molto la loro corsa: nei primi tre mesi dell'anno sono circa 23mila le imprese che hanno avviato una procedura di insolvenza o una liquidazione volontaria, in aumento del 7% rispetto allo stesso periodo del 2012. Oltre ai fallimenti, continuano infatti a crescere anche le liquidazioni: hanno deciso di chiudere volontariamente l’attività 19mila aziende in bonis (senza precedenti procedure concorsuali), un dato in aumento del 5,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Torna a salire, però, il clima di fiducia delle imprese italiane di tutti i settori. Secondo l'Istat, l'indice composito passa da 74,9 di aprile a 79,8. L'aumento si registra soprattutto nel settore dei servizi di mercato nelle imprese manifatturiere, in quelle di costruzione e nel commercio.

Anche dall'Ocse, però, non arrivano dati confortanti.

Ad appena un mese dal suo ultimo rapporto sull’economia italiana, l’organizzaziono per la cooperazione e lo sviluppo economico ritocca di nuovo al ribasso le stime sul Pil del nostro Paese, passando da -1,5% a -1,8% per il 2013, e da +0,5% a +0,4% per il 2014, e invita l'Italia a "consolidare le riforme positive per la crescita" ed "evitare riduzioni premature delle tasse". Cresce anche la disoccupazione, che salirà dal 10,6% del 2012 all’11,9% nel 2013, e poi fino al 12,5% nel 2014.

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