La gestione della cosiddetta «exit strategy» dalla crisi economica, con rischi di inflazione e di enormi masse di debito pubblico, non va lasciata «alla testa e alla cultura dei banchieri, altrimenti si va a sbattere». Ne è convinto il ministro dellEconomia, Giulio Tremonti, che nel suo intervento alla conferenza dellAspen Institute ha spiegato: «Io credo che laccumulazione di enormi quantità di debito pubblico, i rischi connessi alle cosiddette exit strategy, in sostanza i rischi di inflazione, sono tutti rischi politici molto forti e per gestire questa fase io credo che non bisogna affidarsi ai banchieri, ma alla politica e ai politici seri».
Quanto allItalia, «ha resistito alla crisi, resiste e resisterà» grazie «agli 8 milioni di partite Iva, alla rete degli 8mila comuni, alla famiglia e a una struttura produttiva nella quale, accanto allindustria, sono presenti anche i distretti». Tremonti ha rispolverato il paradosso di Zenone per commentare la situazione italiana rispetto a quella di altri Paesi che in anni recenti sono cresciuti di più: «Tra pie veloce Achille e la tartaruga, la storia e la crisi recente ci insegnano che il paradosso è a favore della tartaruga. Altri Paesi che hanno baldanzosamente scalato le classifiche, ora le discendono velocemente in retromarcia». Se riparte il commercio internazionale, ha aggiunto il ministro, «le imprese italiane ripartiranno a razzo da sole anche senza le riforme». E la riforma delle riforme «è il federalismo fiscale, che «vuole dire responsabilità, moralità, equità e fiscalità».
Alla conferenza Aspen era presente anche il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che ha posto laccento sui timori di protezionismo: «Secondo uno studio - ha ricordato la numero uno degli imprenditori - nel mondo ci sono già 47 Paesi che hanno messo in piedi un sistema protezionistico da buy Usa a buy China fino a privilegiare i lavoratori locali». «È importante - ha aggiunto - cercare di chiudere il Doha Round perché può essere un driver di crescita», ma bisogna «evitare di porsi obiettivi troppo alti altrimenti cè il rischio fallimento come nel 2003».
Intanto, continua la polemica tra Abi e Cgia di Mestre.
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