De profundis per il sindacato Usa

De profundis per il sindacato Usa

Potrebbe passare alla storia come l'affossatore del (una volta) potente sindacato Uaw quando, il prossimo giugno, Bob King chiuderà il mandato quadriennale al vertice dell'organizzazione Usa. Originario del Michigan, 67 anni, figlio di un dirigente delle relazioni industriali di Ford, King ha subìto ieri il colpo del ko quando si è visto bocciare, dal voto degli operai della fabbrica Volkswagen di Chattanooga (Tennessee), la proposta di «organizzare» per la prima volta nella sua storia i lavoratori di una casa automobilistica straniera. La maggioranza dei 1.550 dipendenti dell'impianto della casa tedesca ha infatti votato contro l'accordo che prevedeva di affidare la rappresentanza ufficiale dei lavoratori al sindacato. Un colpo durissimo e senza dubbio lesivo per l'immagine dell'Uaw, il secondo - per l'esattezza - incassato da King dopo che, due anni fa, uscì sconfitto dal referendum indetto dal sindacato nel Michigan, la Motor Valley a stelle e strisce, sul tema «Diritti del lavoro».
Il risultato, che ha colto in contropiede lo stesso sindacato, consentirà a partire dal prossimo anno che il dipendente di un'azienda privata o pubblica non avrà più l'obbligo di iscriversi all'organizzazione. E visto che King aveva definito, all'epoca, l'esito di questo voto «una questione di vita o di morte», a questo punto, visto quello che è successo ieri, c'è chi ora vede l'Uaw - che ancora rappresenta la gran parte dei lavoratori di General Motors, Ford e Chrysler - con più di un piede nella fossa.
Lo scoppola di Chattanooga si può considerare ancora più pesante visto che l'Uaw godeva del forte appoggio degli stessi vertici di Volkswagen, nonché del sostegno dell'ancora potentissimo Ig Metall, il sindacato tedesco dei metalmeccanici. I responsabili dell'azienda si erano spesi senza risparmio di forze nelle ultime settimane per esportare negli Usa, grazie all'appoggio dell'Uaw, il modello del «consiglio dei lavoratori» vincente negli altri stabilimenti Volkswagen in Germania e nel mondo. Ma gli oppositori - attraverso una battaglia condotta soprattutto sul web e sui social media - hanno avuto la meglio, puntando il dito soprattutto su una clausola dell'intesa tra azienda e sindacato: quella - spiegano - grazie alla quale, di fatto, il sindacato prendeva l'inaccettabile impegno di tenere il livello dei salari dei lavoratori di Chattanooga ben distante da quello delle tute blu di Gm, Ford e della Chrysler (adesso Fiat Chrysler Automobiles) di Sergio Marchionne.
Da tempo, del resto, l'Uaw soffre di un calo costante degli iscritti (passati dal milione di 30 anni fa ai circa 400mila attuali) e di una perdita di consensi e di influenza senza precedenti. Le nuove generazioni, infatti, soprattutto quelle i cui genitori non hanno radici professionali nel mondo delle quattro ruote, sono restii ad aderire al sindacato per ragioni economiche e di opportunità.

King, a questo punto, ha cercato di riavvvicinarsi ai costruttori di auto stranieri che, proprio per evitare possibili interferenze sindacali, hanno preferito ubicare i propri impianti al Sud degli Usa: Bmw nel Nord Carolina, Mercedes in Alabama, Volkswagen nel Tennessee. E lo stesso vale per i produttori giapponesi e coreani. A nulla, poi, è valso l'asse con l'Ig Metall, che pure esce pesantemente sconfitto dal responso choc di Chattanooga.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica