Deutsche Bank crolla in Borsa. Il piano non piace al mercato

Analisti dubbiosi sui tempi di ritorno alla redditività L'ad Sewing rassicura: «Pareggio di bilancio nel 2020»

Deutsche Bank crolla in Borsa. Il piano non piace al mercato

Crollo a Francoforte per Deutsche Bank all'indomani della presentazione del piano di ristrutturazione che prevede 7,4 miliardi di costi tra svalutazioni e incentivi all'esodo per l'uscita di 18mila dipendenti. Il titolo, dopo un'apertura molto positiva, ha ritracciato lasciando sul terreno a fine seduta il 5,4% a 6,79 euro. La capitalizzazione si è ridotta di un ulteriore miliardo circa a 14,1 miliardi.

«Puntiamo al break-even nel 2020», ha spiegato ieri il Ceo Christian Sewing durante una conferenza stampa aggiungendo che «Deutsche Bank a regime sarà una banca con una taglia ridotta, il bilancio si ridurrà di un 20%, dopo la dismissione delle attività ritenute non più strategiche» per alcune delle quali sono stati avviati già i colloqui con Bnp Paribas. La rinuncia alla distribuzione dei dividendi per due anni e, soprattutto, alla competizione con i colossi Usa del trading come Goldman Sachs e Morgan Stanley sono stati interpretati negativamente dai media tedeschi che avevano creato l'immagine di un campione globale e che ora devono spiegare una strategia sostanzialmente difensiva.

Una strategia sulla quale gli analisti hanno parecchi dubbi. «I costi di ristrutturazione hanno superato le attese», ha notato Citi che suggerisce di vendere il titolo, con un target price a 6 euro. Sebbene i vertici abbiano manifestato l'intenzione di spesare i costi della trasformazione del modello di business con risorse interne attraverso l'abbassamento del Core equity tier 1 al 12,5% (le interlocuzioni con la Bce e con la Vigilanza comunitaria sono costanti sebbene il monitoraggio sia demandato all'authority domestica), Citi non esclude un aumento di capitale. Ubs («vendere» con prezzo obiettivo a 5,7 euro) si è interrogata sulle difficoltà di attuazione del piano in quanto l'inflazione da asset rischiosi (Deutsche prevede di scaricarne 74 miliardi alla sua bad bank) potrebbe incidere sulla loro valutazione con conseguente ritardo nel ritorno alla redditività, reso ancor più difficoltoso dal focus su attività tradizionali con margini meno elevati. La tabella di marcia di Sewing, infatti, prevede un 2019 in rosso, con 5,1 miliardi di costi spalmati sull'esercizio in corso. Qualche osservatore si è domandato se, a parità di condizioni, l'Eurotower avrebbe adottato lo stesso metro di valutazione verso un istituto italiano. Una risposta è impossibile in quanto Deutsche partiva da un Cet 1 del 13,7%, ben al di sopra del requisito minimo dell'8 e del 9,25 richiesto dagli Srep, target che in casi come la «vecchia» Mps apparivano irraggiungibili.

Per quanto la ristrutturazione coinvolga soprattutto l'investment banking in Usa e in Gran Bretagna, un simile piano ha indotto il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, a lanciare un monito ai banchieri del nostro Paese.

«Se qualcuno pensa di poter realizzare anche in Italia questo pseudomodello di far pagare ai lavoratori gli errori commessi, farà i conti con il sindacato», ha commentato. Per ora, di certo c'è solo il crepuscolo della grandeur di Deutsche che, per un gioco del destino, si abbina a quello politico della Germania merkeliana.

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