La digitalizzazione della P.A.: come stanno le cose

Uno degli snodi fondamentali è quello della digitalizzazione delle attività e delle funzioni, filone in primo piano nei diversi progetti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza)

La digitalizzazione della P.A.: come stanno le cose

Nonostante i lodevoli sforzi per aumentare l’efficienza delle pubbliche amministrazioni e migliorare la qualità dei servizi ai cittadini, nel nostro Paese permangono luci e ombre nelle attività degli enti pubblici. Uno degli snodi fondamentali è quello della digitalizzazione delle attività e delle funzioni, filone in primo piano nei diversi progetti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Tuttavia, al di là degli stanziamenti e delle buone intenzioni dei decisori istituzionali, diventa cruciale cambiare la cultura del servizio al cittadino e formare le nuove leve della pubblica amministrazione anche e soprattutto dal punto di vista delle competenze digitali. La pandemia ha infatti dimostrato quanto sia fondamentale svolgere nell’ambiente virtuale alcune attività, al fine di assicurare una costante interazione tra ente erogatore del servizio e cittadino utente.

Mancano i responsabili per la transizione digitale

Quasi metà degli enti pubblici (il 45%) non ha ancora nominato un responsabile per la transizione alla modalità operativa digitale. Lo evidenzia l’ultimo Rapporto di Bankitalia sul grado di informatizzazione delle amministrazioni locali. Le difficoltà derivano dalla limitatezza delle risorse finanziarie a disposizione (65% degli enti) e da carenze di professionalità del personale (58% degli enti). Anche le iniziative di formazione sono limitate, se si considera che circa i due terzi delle pubbliche amministrazioni hanno previsto formazione in materia di digitalizzazione a meno del 20% del personale.

Gli effetti sui cittadini utenti

Questa carenza di responsabili per la transizione digitale si traduce in un rallentamento dei processi di digitalizzazione, con ricadute evidenti sul livello dei servizi offerti ai cittadini utenti. Solo il 30% degli enti pubblici consente l’accesso ai propri servizi on-line tramite Spid, mentre il 55% non ha ancora compiuto i passi necessari per utilizzare l’app IO per smartphone realizzata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per le pubbliche amministrazioni. Per quanto riguarda pagoPa, il 12% degli enti deve ancora aderire al circuito per i pagamenti digitali. Inoltre, il 53% delle p.a. ha un sito internet vetrina, esclusivamente informativo e non abilitato al dialogo con l'utenza; il dato sale al 67% nel Mezzogiorno, mentre solo il 30% degli enti consente il pagamento on-line tramite il proprio sito (13% nel Mezzogiorno).

Qualche spiraglio di luce

Tuttavia, non mancano segnali positivi. Circa la metà degli enti pubblici ha adottato tecnologie di cloud computing, mentre un ulteriore 15% ne starebbe valutando l'implementazione. Circa il 13% delle p.a. sta inoltre utilizzando almeno una soluzione basata su strumenti quali Big Data Analytics, Intelligenza Artificiale, Internet of things e Tecnologie Blockchain. Inoltre, è nato di recente il Fondo per la Repubblica digitale, con uno stanziamento di 350 milioni di euro in tre anni da parte delle fondazioni di origine bancaria per far crescere le competenze digitali degli italiani, sostenendo progetti per l’inclusione digitale proposti da soggetti pubblici e privati.

L’iniziativa è contenuta in un protocollo d’intesa firmato dal ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, Vittorio Colao, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, e il presidente di Acri, Francesco Profumo. In questo modo si intende agire, oltre che sull’innovazione delle pubbliche amministrazioni, anche sulle competenze digitali dei cittadini utenti.

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