Rodolfo Parietti
Qualche colpo di piccone, fragoroso e ben assestato, per far cadere il muro di Berlino, demolire le critiche tedesche al suo modus operandi e ricordare - una volta per tutte - che la Bce «obbedisce alle leggi, non ai politici». Di più: «Abbiamo un mandato per perseguire la stabilità dei prezzi in tutta l'Eurozona e non per la sola Germania». Senza mai perdere l'abituale aplomb, Mario Draghi si è tolto ieri più di un sassolino dalle scarpe durante una conferenza quasi monotematica, con una doppia sottolineatura messa sull'isolamento obbligato della banca centrale, la sola che, attraverso la politica monetaria, abbia «negli ultimi quattro anni sostenuto la crescita» mentre la politica si baloccava, mettendo a nudo l'«insufficiente applicazione delle riforme strutturali».
Bce über alles, per dirla come i tedeschi, proprio perché ha mani libere e non sopporta condizionamenti di sorta. Ma è evidente che il j'accuse del ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, con cui ha comunque avuto un chiarimento «positivo e molto amichevole», e i reiterati attacchi delle potenti Sparkasse e dell'ala dura della Csu hanno lasciato il segno. Al punto che l'argomento è stato oggetto di «una breve discussione» all'interno del board, giusto per riaffermarne l'autonomia e difendere l'appropriatezza dell'attuale strategia. «Le nostre politiche - ha spiegato l'ex governatore di Bankitalia - non sono molto diverse da quelle implementate in gran parte del mondo, e funzionano, sono efficaci, dategli solo tempo per mostrare i pieni effetti». Ma se il presidente non fosse un italiano, le scelte sarebbero state diverse? «La risposta che darei è naturalmente sì», ma quelle misure «non sarebbero sufficienti dato che l'ex presidente della Bce (Jean-Claude Trichet) ha detto che avrebbe fatto le stesse cose che ha fatto Mario».
Draghi ha una convinzione assoluta: «Ogni volta che si percepisce che l'indipendenza della Bce viene rimessa in discussione, questo rinvia gli effetti delle misure di politica monetaria e i loro risultati». Col risultato di dover poi essere costretti ad allargare il perimetro degli interventi. Proprio l'opposto di ciò che pretendono i detrattori del quantitative easing, che andrà oltre la scadenza naturale del marzo 2017 in assenza di «un aggiustamento sostenuto dell'inflazione», e i più feroci oppositori dei rendimenti negativi, come i fondi pensione tedeschi. «Ho chiesto - ha detto il capo dell'Eurotower - di rinunciare alla tentazione di incolpare i bassi tassi d'interesse per tutto ciò che va male». Anche perché il rovescio della medaglia, quello buono, non viene mai tirato in ballo: «Bisogna tener presente - ha infatti ricordato Draghi - che (i fondi, ndr) realizzano anche notevoli capital gain grazie ai nostri acquisti di bond». Dall'osservatorio privilegiato della Bce non c'è inoltre evidenza che i tassi sottozero «siano stati trasferiti ai correntisti o a chi chiede un prestito», una chiara replica alle casse di risparmio teutoniche che basano il loro modello di business sui rendimenti molto interessanti offerti alla clientela. Sull'argomento è intervenuta Angela Merkel, giusto per affermare che la Bce è indipendente, ma è legittimo per i tedeschi discutere del basso livello dei tassi.
Draghi si è infine mostrato sorpreso per il polverone alzato sull'ipotesi di helicopter money, «un concetto molto interessante che non
abbiamo studiato e sta venendo discusso a livello accademico, evidentemente implica complessità dal punto di vista finanziario e legale ma il punto principale è che non ne abbiamo mai discusso». I tedeschi si diano una calmata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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