Show must go on . E se lo spettacolo deve continuare, figuriamoci se si può fermare il business . Non ci sono lacrime, neanche quelle di coccodrillo, versate dai mercati per la strage terroristica di Parigi. Il mondo piange, mentre le Borse si lasciano avvolgere da un'euforia marchiata da rialzi superiori ai tre punti percentuali. È un collettivo girare la testa altrove, precisamente verso quel Mario Draghi che sta diventando come la coperta di Linus, un'ancora psicologica cui aggrapparsi.
Era da qualche settimana che il presidente della Bce non faceva sentire la propria voce, alimentando i timori che il silenzio sarebbe continuato fino al 22 gennaio, data della prima riunione 2015 della Bce, ma soprattutto l'appuntamento cruciale da cui potrebbe uscire il varo del piano di quantitative easing . Ieri Draghi è tornato a parlare, anche se attraverso una risposta scritta a un'interrogazione europarlamentare, chiarendo una volta di più che la decisione di acquistare titoli di Stato potrebbe venire nei primi mesi dell'anno, quando «il Consiglio direttivo riesaminerà lo stimolo monetario raggiunto attraverso le misure attuate nella seconda metà del 2014, l'espansione del bilancio dell'Eurosistema realizzato attraverso queste misure e le prospettive per l'andamento dei prezzi». Nulla di inedito, nessun annuncio tale da mettere nero su bianco la scelta di usare la più estrema tra le misure non convenzionali.
Ma agli investitori, che ormai si sono fatti la bocca con l'idea che l'ex governatore di Bankitalia farà girare le eliche del Qe , le minime variazioni sul tema sono quelle che più piacciono. Ecco così scattare gli acquisti. Senza tentennamenti, nel giorno in cui l'euro scende fino a 1,1753 dollari, con le lancette valutarie tornate al 2005 e, soprattutto, su valori ormai prossimi a quello - 1,1747 - del «battesimo» della moneta unica nel 1999. Collassa l'euro, salgono come palloncini gli indici, fino a recuperare le perdite accumulate nei giorni scorsi: fa festa Milano, con un +3,69%, ma anche Francoforte non si tira indietro (+3,36%) e neppure Parigi (+3,59%). Come acqua sul marmo, scivola via l'atto terroristico alla redazione di Charlie Hebdo con i suoi 12 morti. Il proverbiale cinismo delle Borse, o forse la prova che il mondo della finanza non è solo più scollegato dall'economia reale, ma anche dalla vita reale. Due parole di Draghi, e spariscono i problemi: la jihad islamica, la crisi russa e quella greca, la discesa verticale del petrolio e il rallentamento della crescita cinese.
È in questo universo parallelo che ci si nutre sempre più spesso di aspettative e impera il rovesciamento, in chiave positiva, delle cattive notizie. L'Eurozona in deflazione, per esempio, è per i mercati buona cosa perché mette pressione su Draghi e toglie alibi alla Bundesbank, refrattaria ad avventurarsi nelle terre inesplorate dell'allentamento quantitativo. Così come la rivelazione, contenuta nelle ultime minute della Federal Reserve, che i tassi d'interesse Usa non saranno alzati prima di aprile, non viene letta come un segnale di debolezza dell'economia, ma festeggiata con altri squilli di tromba a Wall Street (+1,63% alle ore 20 italiane). L'impressione, quindi, è che il tanto deprecato assistenzialismo pubblico sia stato sostituito con quello delle Banche centrali.
Non durerà per sempre, certo.
Ma per i mercati non è il momento di pensarci, ora che l'Eurotower sta per allinearsi alla Fed, alla Bank of England e alla Bank of Japan. Resta solo l'interrogativo sui meccanismi di acquisto che Draghi deciderà di scegliere. Poi, si potrà continuare a far festa. Senza curarsi del sangue a terra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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