C'era una volta il «sistema Siena»: una grande banca controllata da una Fondazione che, con gli utili prodotti dall'istituto, finanziava opere e interventi della sua area di riferimento. Poi, la crisi ha costretto l'istituto a rivedere il proprio indirizzo e il proprio bilancio bloccando la distribuzione di dividendi. La Fondazione, che si era già indebitata per seguire gli aumenti di capitale della «sua» banca, ha dovuto stringere il cordone delle erogazioni e, alla fine, anche il Comune e tutti gli enti beneficiari hanno dovuto fare di necessità virtù.
Quanto è accaduto ieri nel capoluogo toscano è la certificazione definitiva che una nuova era è iniziata. Il commissario straordinario del Comune di Siena, il prefetto Enrico Laudanna (che ha sostituito il sindaco dimissionario Franco Ceccuzzi) ha rimodulato il bilancio: il disavanzo è di 16,5 milioni e tra un'addizionale Irpef incrementata (entro dicembre poi sarà aumentatà anche l'Imu) e un taglio alla spese «Monti-style» ha rinegoziato anche la scadenza dei Boc (che sono le obbligazioni comunali) con la banca di riferimento, il Monte dei Paschi. Rocca Salimbeni detiene infatti 33,8 milioni dei bond senesi e ha rinunciato al pagamento della quota capitale per 4 milioni quest'anno e 4 milioni l'anno prossimo.
Si tratta, ha spiegato il primo cittadino ad interim, di una mossa «per fronteggiare la mancata erogazione di contributi» da parte della Fondazione Mps (prima azionista del Monte con il 36,5%).
La ristrutturazione del debito di oltre un miliardo dell'ente guidato da Gabriello Mancini (effettuata con il contributo di Mediobanca e Credit Suisse) ha comportato la chiusura di parecchi rubinetti. In Toscana, negli ultimi giorni alcune amministrazioni si sono lamentate del «braccino» di Palazzo Sansedoni. Che tuttavia nei giorni scorsi aveva trovato ben 7 milioni da destinare al Comune di Siena. Ma, dice Laudanna, «sono stanziamenti di competenza degli anni precedenti» e, per quest'anno e il prossimo molte spese dovranno essere tagliate. Celebrazioni di Capodanno incluse.
Il presidente di Mps, Alessandro Profumo, e l'ad Fabrizio Viola più volte hanno sottolineato la necessità di voltare pagina rispetto al passato con la realizzazione del piano industriale 2012-2015, pena la fine di Mps stesso (i 3,4 miliardi di Tremonti-bond sono un impegno molto rilevante). Dall'altro lato, la Fondazione, avallando il nuovo corso, non ha opposto resistenza a un futuro allentamento del legame con la banca della quale è socio fortissimo. A Siena e in Toscana, forse, non tutti fanno il tifo per questa soluzione con la speranza di riattivare le vecchie liturgie.
Ma Profumo, Viola e la nuova squadra di vertice hanno scelto di non guardarsi indietro.
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