Ecco cosa cambia alla cassa con la nuova Iva

L’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, vale circa 820 miliardi di euro l’anno per le casse dello Stato. Ecco cosa potrebbe cambiare in caso di sforbiciate

Ecco cosa cambia alla cassa con la nuova Iva

Vale circa 820 miliardi di euro l'anno. Tanti soldi. E, oggi, al termine (speriamo) della pandemia si fa strada l’ipotesi di un taglio. Parliamo dell’Iva. Una misura chiesta a gran voce dallo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al termine degli Stati generali. C’è molta confusione su questo tema e divergenze nello stesso esecutivo. Tanto che il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha frenato su questa ipotesi, spiegando che prima occorre fare bene i conti. Ma tutti sono d’accordo però su un fatto: il taglio di questa imposta costerebbe caro alle casse dello Stato.

"Affinché il taglio sia significativo e abbia un impatto sull’economia reale dovrebbe trattarsi di una manovra del valore complessivo di almeno 10 miliardi", spiega al Corriere della Sera il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella. Le ipotesi in questo caso potrebbero essere due: un taglio di 3 punti percentuali all’aliquota del 22%, che potrebbe scendere al 19% (ogni punto percentuale di questo scaglione vale circa 3,4 miliardi di euro). O un taglio dal 22 al 21% dell’aliquota "normale" e una discesa di 2-3 punti percentuali sull’aliquota "ridotta" del 10%.

Ecco come cambierebbero gli acquisti con la nuova tassa sul valore aggiunto. Vediamo, cioè, nel dettaglio, quali sono le categorie di merci e il gettito apportato dai 4 scaglioni dell’aliquota Iva: il 4%, il 5%, il 10% e il 22%. L’aliquota ridottissima del 4% si applica ai beni di prima necessità (farina, pane, pasta, libri scolastici e giornali). Ha l’obiettivo di rispettare il principio della progressività dell’imposta anche per i beni di consumo, attraverso una tassazione inferiore dei beni necessari e una più elevata di quelli considerati voluttuari. Questa aliquota ha complessivamente per il fisco un gettito di circa 4 miliardi e colpisce circa il 10% a valore del consumo degli italiani.

Poi l’altro scaglione: quello al 5%. Riguarda prodotti minori come le piante aromatiche, ma anche i prodotti per l’igiene femminile e, dal primo gennaio 2021, le mascherine chirurgiche. Tuttavia, l’aliquota al 5%, che ha un gettito di poche decine di milioni di euro, ha una sua importanza teorica. Costituisce infatti a livello europeo la base per l’aliquota "ridotta" cui potrebbero venire tassati servizi come gli interventi di elettricisti e idraulico, oggi al 10%.

Altra aliquota: quella al 10%. Comprende carne, pesce, salumi, omogeneizzati, yogurt, uova, surgelati, prodotti di pasticceria, marmellate e caramelle. È lungo l’elenco dei prodotti alimentari su cui grava un’Iva del 10%. Ma in questo scaglione di imposta rientrano anche una ampia categoria di servizi che vanno dagli alberghi agli interventi di manutenzione di elettricisti e idraulici, fino ai viaggi in aereo e in treno. Il gettito complessivo dell’Iva al 10% è di circa 30 miliardi di euro. Se il governo decidesse di dimezzare al 5% l’Iva per questi prodotti il costo per lo Stato sarebbe elevato, circa 15 miliardi.

Infine, l’ultimo scaglione. Quello che riguarda automobili, abbigliamento, smartphone, ma anche saponi, vini e caffè. È l’ampia platea dei beni di consumo con Iva al 22%.

La categoria dei beni tassati è quella che fornisce il maggior numero di entrate per lo Stato: circa 74 miliardi di euro. All’interno di questa categoria ci sono prodotti e servizi molto eterogenei tra loro. Beni che normalmente comprimo quando andiamo a fare spese.

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