Enel vende fino al 22% di Endesa

Gli analisti stimano un incasso di 2,6-3,6 miliardi. Riflessi positivi sul debito, che scenderà a 37 miliardi

Enel mette in vendita fino al 22% di Endesa: un passo cruciale per il riassetto del gruppo nella penisola iberica e per gli obiettivi di riduzione del debito che l'ad Francesco Starace ha fissato per fine anno a 37 miliardi (da 43 miliardi). L'ammontare iniziale dell'offerta, che dovrebbe partire il 7 novembre, sarà il 17% del capitale, ma è previsto che si possa arrivare fino al 22%, inclusa l'opzione di greenshoe che prevede per i joint global coordinators la possibilità di acquistare fino al 15% delle azioni offerte, al fine di stabilizzare le quotazioni di Endesa in Borsa. L'operazione si articola in due parti: un'offerta pubblica di vendita (Opv) in Spagna, rivolta agli investitori retail (fino al 15%); e un'altra dedicata agli istituzionali spagnoli e internazionali. È inoltre previsto un impegno (lock-up) che impedisce alla controllante Enel Energy Europe (92,06%) e a Endesa di vendere o emettere azioni per almeno 180 giorni successivi alla data di pagamento.

«Si tratta - ha commentato Starace - di una tappa fondamentale dell'operazione annunciata la scorsa estate, e che ha il fine di creare nuovo valore e accrescere il nostro focus sul nuovo mercato energetico della penisola iberica». Ma quale sarà il ritorno per Enel da questa offerta? Gli analisti si attendono un incasso di 2,6-3,6 miliardi di euro, una parte significativa del piano di dismissioni da 4,4 miliardi fissato per il 2014. «Con l'operazione Endesa - commenta Banca Akros - c'è maggiore margine per le altre cessioni e per massimizzare la vendita di Slowenska Electrame e degli asset in Romania».

Oltre al collocamento spagnolo, Starace ha fatto il punto sul business dell'Enel, da sei mesi sotto il suo governo. Riferendo in Senato, l'ad ha affrontato il tema delle 23 centrali italiane oggetto di riassetto: «Per alcuni impianti pensiamo di continuare a produrre, ma con tecnologie diverse, altre centrali invece (Genova, Bari e Livorno) non potranno più produrre perché si trovano al centro di città e sono in corso dialoghi con il territorio». Insomma, più di un terzo della capacità produttiva nel Paese sarà al centro di un maxi riassetto. Un tassello del più ampio piano che prevede ulteriori sviluppi nel Mediterraneo, in Egitto e Marocco e l'accorpamento delle controllate in Sudamerica.

Sul fronte finanziario, infine, Starace ha confermato la politica dei dividendi (40% di payout nel 2015) e spiegato che l'accordo con Bank of China è un'intesa «strettamente finanziaria», mentre è probabile «che anche il Tesoro adotti per Enel il voto maggiorato che non piace al mercato e va dunque imperniato sulla trasparenza». In attesa di conoscere, a giorni, l'esito della gara per gli asset spagnoli di E.On, cui Enel ha partecipato, ieri in Borsa il titolo ha festeggiato le novità con +3,6% a 3,97 euro.

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