Eni, ora il "cavaliere" Eric vuole spezzarla in due per spremere 50 miliardi

L’americano Knight vorrebbe dividere le attività del gruppo. Ma si dimentica la lezione della crisi

di Gianni Gambarotta

Vale di più un cane a sei zampe o una coppia di cani a tre zampe? Se lo chiedete al finanziere americano Eric Knight, vi dirà che non ci sono dubbi: la risposta giusta è la seconda. Infatti lui, con il suo fondo di investimenti attivo Knight Vinke, vorrebbe dividere in due l’Eni del quale è importante azionista. E questo perché, sostiene, la somma dei valori delle due società che nascerebbero dalla scissione risulterebbe superiore al valore del gruppo petrolifero così com’è oggi. E non di poco: la differenza (in inglese «gap value», suona meglio) sarebbe di circa 50 miliardi di euro. Quindi bisogna proprio farlo a metà quel cane.
Per spiegare questa teoria, Knight ha organizzato ieri un convegno all’hotel Four Seasons di Milano. Desk con hostess che si rivolgevano in inglese agli oltre cento ospiti, per la maggior parte banchieri, gestori di fondi, di hedge, analisti, il meglio della comunità finanziaria. Un pubblico silenzioso, coinvolto dai discorsi e dalle slides, attento a cogliere le tracce di quei 50 miliardi nascosti fra grafici e tabelle, pronti a emergere, a trasformarsi da aride cifre in eccitanti plusvalenze, come la zucca di Cenerentola in carrozza, come ai bei tempi quando le favole erano vere. Sembrava davvero di essere tornati indietro di due anni, a prima della crisi perfetta devastatrice dei mercati, quando centinaia di volte in sale identiche e di fronte a pubblici identici, i fantasiosi ingegneri finanziari presentavano i loro progetti di fusioni, divisioni, integrazioni, sinergie, destinati a creare più ricchezza (nominale) per tutti. I ricordi di queste magie finanziarie si vedono ancora oggi nelle macerie che hanno lasciato nell’economia. Ma pazienza.
Knight ha spiegato le ragioni della sua richiesta con ragionamenti professionali e documentati. Per prima cosa, ha detto, la sua società newyorchese non fa operazioni speculative: al contrario il suo è un fondo che ragiona con un’ottica di lungo termine e va soprattutto alla ricerca di grandi società quotate che sono, a suo modo di vedere, sottovalutate dal mercato. Società che hanno le potenzialità, usando accorgimenti opportuni, di apprezzarsi, di veder crescere le loro quotazioni. Ha individuato nell’Eni un soggetto con queste caratteristiche e per questo, nel giro di due anni, ne ha rastrellato una quota vicina all’1 per cento, che lo pone fra i principali azionisti del cane a sei zampe, anche se a grande distanza dal Tesoro italiano che lo controlla con il 30 per cento.
Ma perché il gruppo guidato da Paolo Scaroni sarebbe penalizzato dal mercato? Perché è gestito male? Assolutamente no: anzi, il finanziere americano ha speso parole di elogio per l’amministratore delegato e il suo team. La ragione, secondo Knight, è questa: l’Eni è troppo concentrato verticalmente, in quanto unisce in una sola realtà le attività di esplorazione e produzione petrolifere (in gergo «upstream») con quelle di distribuzione del gas («downstream»). Questo sarebbe contro la tendenza generale del settore che va nel senso opposto, separando nettamente le due fasi. E proprio questo rende gli analisti finanziari poco entusiasti nei confronti del titolo Eni che finisce per non esprimere quanto potrebbe.
La soluzione (con varianti) suggerita dal fondo di Knight è quella di creare due società distinte: una OilCo con l’attività di esplorazione e produzione e una GasCo concentrata nella distribuzione. Questa seconda sarebbe una sorta di grande utility e si accollerebbe una parte prevalente del debito complessivo Eni perché gli analisti accettano che società di questo tipo abbiano alti oneri finanziari. Azionisti di entrambe le società, ha tranquillizzato il finanziere, resterebbero gli stessi di oggi, quindi il Tesoro non perderebbe il controllo. Il mercato reagirebbe molto positivamente perché valuterebbe le due entità con parametri giusti e non con quello inappropriato di oggi.

L’Eni ha già risposto che la sua caratteristica di tenere assieme up e downstream è nel suo dna e consente vantaggi competitivi su molti mercati nei quali si approvvigiona. Comunque ha aggiunto di essere disposto a discutere, ad approfondire tutte le proposte che possano portare dei miglioramenti. Se il titolo sale, non dispiace a nessuno.

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