Eni si fa una spending review da 7 miliardi

Versalis ceduta entro fine anno. Anche nel 2016 cedola di 80 cent

Sofia FraschiniLondra Dismissioni per 7 miliardi, una riduzione a 37 miliardi (-21%) degli investimenti e una serie di tagli ai costi che permetta comunque di aumentare la produzione del 13%. È un piano in difesa quello messo in piedi dall'Eni per il quadriennio 2016-2019, inevitabilmente «tenuto in ostaggio» dal prezzo del petrolio che, dal luglio 2014, quando quotava 110 dollari, è sceso a picco nell'ultimo anno e mezzo arrivando a toccare, l'11 febbraio, un minimo sotto i 27 dollari. In questo contesto, e pur essendo risalito negli ultimi giorni sopra i 40 dollari (ieri 41,4 dollari), l'olio nero ha pesantemente influenzato le strategie delle major mondiali, Eni compresa. Dopo aver chiuso il 2015 in perdita per 8,8 miliardi, il Cane a sei zampe ha quindi riprogrammato i prossimi 4 anni all'insegna della spending review, passo necessario per poter sostenere nuovi progetti e remunerare gli azionisti, la Cdp (25,7%) e il Tesoro (4,34%) in primis. Due step che - secondo il piano presentato a Londra - saranno sostenibili solo con un prezzo medio annuo del petrolio poco sopra i 60 dollari al barile a fine piano (contro il vecchio scenario di 90 dollari) con una stima 2016 a 50 dollari (60 nel 2017). Numeri che, per quest'anno, hanno permesso di confermare il dividendo a 0,80 euro, come nel 2015.Partendo dalle dismissioni, «nel 2015 ha detto Descalzi - abbiamo raggiunto il 90% degli obiettivi previsti (7 su 8 miliardi con Galp, Snam e Saipem) e per i prossimi 4 anni abbiamo programmato altri 7 miliardi che passeranno principalmente dalla diluizione delle partecipazioni nelle recenti scoperte». Le attese sono quindi ora per una discesa nel giacimento del Mozambico già nel 2016 (dove Eni ha il 50% dell'area 4) e, progressivamente, in quello giant di Zohr in Egitto. Ma non solo. Il cfo Massimo Mondazzi ha detto che la vendita della chimica (la società Versalis) fa parte del piano da 7 miliardi e sarà liquidata entro il 2016. Nei 7 miliardi di dismissioni non è invece prevista la vendita del retail Gas e Power «che va prima valorizzato» e un ulteriore discesa nel capitale di Saipem. Anche se questo non vuole dire che, se necessario, non possa comunque avvenire (extra i 7 miliardi) entro il quadriennio. La major stima, inoltre, di ridurre i costi di 3,5 miliardi con la rinegoziazione dei contratti, riducendo il differenziale fra prezzo del petrolio e costi e tagliando le spese generali di 2,5 miliardi. Quanto agli investimenti, la riduzione sarà del 18% nell'upstream, mentre la produzione è vista salire di oltre il 3% l'anno grazie all'avvio di nuovi progetti che daranno un contributo totale di 800.000 barili di olio equivalente al giorno al 2019. L'esplorazione rimane un fattore chiave per la crescita. Eni si aspetta nuove scoperte per 1,6 miliardi di barili di olio equivalente al costo competitivo di 2,3 dollari al barile. La flessibilità del portafoglio, le sinergie con gli asset esistenti e le rinegoziazioni dei contratti, hanno permesso di ridrre il break-even medio dei nuovi progetti da 45 dollari a 27 dollari/boe (barili di olio equivalente). «Eni si focalizzerà su progetti ad alto valore e con rapidi ritorni» ha spiegato Descalzi.

In particolare, in merito alla maxi scoperta in Egitto «siamo sulla buona strada per avviare la produzione di Zohr dal quarto trimestre 2017», ha detto l'ad confermando anche la strategicità della Libia. Il titolo ha chiuso la seduta in rialzo dello 0,88% a 13,73 euro.

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