Economia

Esenzioni Imu prima casa, scattano i rimborsi: ecco come comportarsi

L'istanza di rimborso, che include anche il riconoscimento degli interessi, va presentata entro 5 anni dal diretto interessato

Esenzioni Imu prima casa, scattano i rimborsi: ecco come comportarsi

Con la sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022, la Corte Costituzionale ha stabilito che i coniugi con residenza in abitazioni diverse, anche se site nel medesimo comune, potranno usufruire dell'esenzione Imu prima casa. È stata pertanto riconosciuta come illegittima la norma del 2011 secondo cui l'esenzione dell'imposta, in caso di matrimonio o unione civile, poteva essere applicata solo su una casa, col pagamento dell’Imu sul eventuale secondo immobile. Una normativa che, secondo i giudici, penalizza le coppie legalmente riconosciute.

I rimborsi

La sentenza 209/2022 ha dunque dato la possibilità anche alle coppie sposate o riconosciute tramite unione civile di usufruire due volte del beneficio, come accade per le coppie di fatto. Da qui la possibilità di chiedere dei rimborsi garantita ai coniugi che si sono visti negare la doppia esenzione dai comuni.

Coloro che hanno pagato sino ad oggi la tassa, risultata quindi non dovuta sulla prima casa e sulle pertinenze, potranno presentare istanza di rimborso. La domanda deve essere inoltrata entro 5 anni a partire da quando è stato eseguito il versamento, oppure da quando è emerso il diritto alla restituzione. C'è anche la possibilità di rivolgersi a un giudice tributario nel caso in cui le richieste non vengano accolte.

Quelle coppie che hanno residenza in due differenti immobili, anche se ubicati nel medesimo comune, potranno dunque recuperare il tributo pagato: sarà sufficiente presentare domanda di rimborso entro 5 anni. La data a cui fare riferimento è quella in cui è emerso il diritto alla restituzione, ossia lo scorso 13 ottobre 2022. Persino coloro che hanno pagato la tassa oltre i 5 anni dalla data del versamento hanno diritto al rimborso. E non solo. A chi ne avrà diritto non sarà riconosciuto solo il rimborso dell'Imu ma anche quello degli interessi maturati ogni giorno sulle somme dovute.

Attenzione, però, a rispettare i tempi di presentazione dell'istanza secondo i termini di legge. In caso contrario, non ci sarà alcuna restituzione. Trascorsi i termini di decadenza, ossia 5 anni, si perderanno tutte le coperture, come dichiarato dalla Cassazione. Ciò in conseguenza del fatto che l'ambito dei rimborsi sia regolamentato dalle singole leggi di imposta, e la giurisdizione di suddetta materia venga attribuita in modo esclusivo alle corti di giustizia tributaria.

Effetto retroattivo

La nuova norma ha un effetto retroattivo e può essere applicata in casi in cui vi sia un contenzioso pendente: viceversa non ci si può appellare ad essa qualora l'accertamento dell'ente impositore sia divenuto definitivo o sia stata emanata una sentenza passata in giudicato. In caso di atti definitivi, quindi, il comune non sarà tenuto a riconoscere il rimborso e dunque il cittadino non potrà impugnare il tacito rifiuto dell'ente per presentare istanza di restituzione.

Rifiuto o silenzio

Qualora il comune respinga la domanda, il provvedimento di diniego potrà essere impugnato dinanzi al giudice tributario entro 60 giorni dalla notifica.

Anche il silenzio, nel caso in cui l'ente non si pronunci, potrà essere impugnato dal cittadino, che in questo caso avrà come tempo limite i 90 giorni dalla presentazione dell'istanza previsti dall'art.21 del dl 546/1992. In questo caso resta da capire se siano questi i tempi di riferimento oppure i 180 giorni che sono stati consentiti agli enti locali per rispondere a richieste di rimborsi, introdotti dall'art.

1, comma 164, della legge 296/2006.

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