
Continua la caduta dei prezzi del petrolio, stretti fra l'incudine della mancata intesa tra l'Arabia Saudita di Mohammed Bin Salman e la Russia sul taglio alla produzione, e il martello del coronavirus che rischia di azzoppare la domanda mondiale d'energia. Dopo il bagno di sangue di martedì, le quotazioni si sono sgonfiate anche ieri: Wti -5,9% a 27,2 dollari, -5% il Brent 28,5 dollari.
È il segno che, al momento, manca un punto terminale di caduta oltre il quale parte il rimbalzo. Qualche analista azzarda una previsione: il mercato potrebbe perdere un altro 30-40% del valore, facendo scivolare il barile sotto i 20 dollari. Uno scenario da incubo anche per i lavoratori del settore. Un precedente già c'è: la crisi del 2015-16 costò il posto a circa un terzo degli addetti Usa. E ora non si esclude il taglio di 50-75mila addetti. Il direttore esecutivo dell'Agenzia internazionale dell'Energia, Fatih Birol, e il segretario generale dell'Opec Mohammed Barkindo, hanno espresso «profonde preoccupazioni» per la pandemia, che potrebbe avere conseguenze di «vasta portata».
Birol e Barkindo hanno aggiunto di aspettarsi che se i prezzi dovessero restare sotto i 30 dollari per alcuni Paesi produttori il prezzo da pagare sarebbe salato: i ricavi garantiti da petrolio e gas crollerebbero dal 50% all'85% nel 2020, il livello più basso in oltre 20 anni. Un disastro. Anche perché a farne le spese sarebbero i budget del settore pubblico destinati a settori vitali come l'assistenza sanitaria e l'istruzione.
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