Esuberi ed esternalizzazioni: la Popolare di Milano è avvolta da un teso silenzio in attesa del piano industriale che l'ad Piero Montani svelerà mercoledì. Gli esuberi saranno 1.300, di cui 700 da prepensionare sul Fondo in cinque anni (cento hanno maturato il diritto alla pensione) e 600 da trasferire dagli uffici alle filiali così da incrementare la «produttività».
Il nodo è, però, un altro: la banca ha tastato l'idea di non rispettare il principio della «volontarietà» dell'uscita. La trattativa è ora nelle mani dei leader nazionali della Fabi e delle confederali Fiba, Fisac e Uilca che avrebbero fatto sapere all'istituto di non essere disposti a uscire dai binari fissati in sede Abi. In sostanza, secondo alcune stime, Montani dovrà stanziare 170-200 milioni per «incentivare» l'esodo.
L'altro fatto a preoccupare la vecchia guardia di Bpm è la prospettiva che l'integrativo, come accade con i rinnovi dei piani industriali, sarà ridiscusso. Un pericolo per i dipendenti di Piazza Meda, la cui busta paga è appesantita da alcune voci che la crisi ha reso invidiabili: come l'«indennità invernale» per il caro carbone (un lascito del Ventennio) e la «Ria» (Retribuzione integrativa aziendale) elargita a novembre e che equivale più o meno una mensilità.
Quanto alla struttura, Bpm sta invece per nominare il capo delle relazioni sindacali: sarà Massimiliano Calvi, proveniente dal Banco Popolare come già il suo referente diretto Gianni Rossi. Ma è la stessa «funzione» di Calvi a essere tutta nuova per Piazza Meda.
Acque agitate infine anche all'associazione Amici, la storica stanza di compensazione tra la base e il vertice della cooperativa poi finita nelle more di Bankitalia. L'associazione ha tenuto un vertice per decretare la sua rifondazione seguendo l'idea caldeggiata dalla Fisac nazionale. Invece, complice la freddezza della Fisac Bpm, tutto è rimasto sospeso.
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