Faro Copasir su Unicredit e Generali

La commissione sull'intelligence indaga sul risiko per preservare il valore dei Btp

Faro Copasir su Unicredit e Generali

Con l'epidemia che avanza, lo spread in aumento e le prossime necessità di rifinanziamento, si alza la soglia di attenzione sul debito pubblico italiano. E soprattutto sugli istituti di credito i cui portafogli sono ricchi di Btp.

Ieri il differenziale tra i titoli decennali italiani e tedeschi ha chiuso a 181,2, in rialzo del 3,2% rispetto alla chiusura di giovedì, mentre il rendimento dei Btp decennali si è attestato all'1,09 per cento. Per un Paese che, al di là dell'emergenza in corso, ha comunque necessità di rifinanziare all'incirca 400 miliardi all'anno, non sono dati da sottovalutare.

Non è un caso che il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) abbia ritenuto strategicamente prioritario accendere i riflettori proprio sul comparto finanziario. Il settore ha avuto la precedenza su difesa, trasporti ed energia. E non è neppure un caso che proprio negli ultimi mesi sia ripreso il risiko nel settore. Prima con la scalata di Leonardo Del Vecchio al 10% circa (per ora) di Mediobanca, che a sua volta detiene il 13% di Generali (di cui il patron di Luxottica ha il 4,9% del capitale) e dà quindi accesso a un tesoretto da 59 miliardi circa in Btp. Poi, proprio nelle ultime settimane, co il lancio dell'Offerta pubblica di scambio di Intesa Sanpaolo su Ubi che ha dato il via a una nuova girandola di ipotesi di consolidamento nazionale e non solo.

A confermare il nuovo ciclo di audizioni dedicato al «settore bancario e assicurativo e alle banche che detengono un alto livello di debito sovrano» era stato poche settimane fa stesso Raffaele Volpi, presidente del Copasir, in una intervista a Formiche. E le audizioni sarebbero già iniziate, secondo indiscrezioni, con Consob mentre dovrebbe essere in calendario per la prossima settimana, salvo rivoluzioni dell'agenda per l'emergenza coronavirus, laudizione di Daniele Franco, direttore generale di Bankitalia.

A essere sotto i riflettori i principali custodi di Btp, Generali certo ma anche Unicredit che ha in mano 45 miliardi in debito pubblico italiano. Proprio il Leone di Trieste e il gruppo di Piazza Gae Aulenti sono ciclicamente interessati a ipotesi di nozze anche con interlocutori stranieri. Ipotesi smentite dai piani industriali di entrambi i gruppi che puntano a una evoluzione stand alone. Una eventualità che, qualora si avverasse, non potrebbe essere ignorata dalle istituzioni, a maggior ragione considerando la leva politica ed economica assicurata dalla ricca dote di Btp in cassa nei due protagonisti del mercato. In merito proprio alle situazioni di Unicredit e Generali.

Volpi nell'intervista a Formiche aveva precisato: «Rispettiamo le scelte dei singoli attori del mercato ma vogliamo approfondire tutto ciò che ha a che vedere con l'interesse nazionale».

In questo scenario, reso ancora più drammatico dall'evolversi del Covid-19, diventa quindi inevitabile accertarsi degli interlocutori con cui Roma dovrà confrontarsi per le necessità future di finanziamento e magari verificare che il baricentro dell'attività dei protagonisti del settore rimanga sensibile al richiamo della patria.

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