Fca, ora il governo rischia l'autogol

Manley minaccia di cambiare il piano per l'ecotassa. Timori a Pomigliano per Alfa

Fca, ora il governo rischia l'autogol

L'ad di Fca, Mike Manley, ha di fatto inviato un messaggio chiaro al governo: l'ecotassa farà danni, il gruppo è costretto a rivedere i piani per l'Italia e l'investimento di 5 miliardi su stabilimenti e nuovi prodotti. E già nei sindacati e tra i lavoratori si cominciano a temere limature alla produzione e ripensamenti sui modelli da realizzare nelle fabbriche del Paese. Per il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, a esempio, sarebbe un clamoroso autogol se la «sua» Pomigliano perdesse il baby Suv di Alfa Romeo, tra l'altro il marchio in questo momento più difficile da risollevare. Ma anche Cassino è sul chi va là.

Il timore è che a pagare per un provvedimento che la Fim Cisl ha definito «un crimine verso l'occupazione», sia la forza lavoro (compresi coloro che operano nell'indotto e nelle concessionarie) sia il peso dell'Italia nei programmi di sviluppo del Lingotto. Il settore automobilistico rappresenta un pilastro per l'economia italiana, in termini di gettito fiscale (74,4 miliardi nel 2017), occupazione (258.700 addetti tra diretti e indiretti, che salgono a oltre 1,2 milioni includendo il terziario), imprese (5.704), investimenti in beni materiali (3,9 miliardi) e fatturato (100,4 miliardi, l'11% dei ricavi della manifattura). A tutto questo è da aggiungere la rilevanza che l'auto ha nella produzione industriale, e non c'è da stupirsi se, alla caduta di novembre (-2,6%), le quattro ruote abbiano contribuito in misura pesante: -19,4%, il calo maggiore dall'ottobre 2012.

Gli effetti dell'ecotassa, che colpirà dal primo marzo i veicoli con emissioni superiori a 160 grammi/chilometro di CO2 (modelli popolari, come l'Alfa Romeo Giulietta prodotta a Cassino), rischiano di aggiungere un problema al problema. «Quando il governo non si confronta con le parti interessate - il commento di Vincenzo Boccia (Confindustria) - escono delle leggi che hanno grandi aspettative che però prescindono da chi investe nel Paese».

In Italia, la produzione di veicoli, lo scorso anno, si è attestata a quota 667.526 unità, il 10,2% in meno rispetto al 2017. Si è quasi tornati ai livelli del 2015 (659.294). E per il futuro, alla luce dell'andamento dell'economia e delle incognite legate alla Manovra del governo, le attese sono di un'ulteriore riduzione sotto le 600mila unità. Il 2019, tra l'altro, secondo il piano industriale presentato da Fca, viene indicato come un anno di transizione per la preparazione delle linee ai nuovi modelli e alle motorizzazioni elettrificate.

In preventivo, quindi, ci sono già aggiustamenti della produzione, considerato che gli stop a Fiat Punto e Alfa Romeo Mi.To significano circa 38mila vetture mancanti all'appello. E poi c'è il mercato: il 2018 si è chiuso con il 3,1% di immatricolazioni in meno sul 2017, e il nuovo anno, alla luce delle decisioni prese a Roma, si dovrebbe attestare, secondo i primi calcoli delle associazioni di categoria, a un livello ancora più basso rispetto ai precedenti 1,91 milioni di automobili vendute.

Resta da vedere se il messaggio lanciato da Manley, sicuramente da non prendere sotto gamba, convincerà il governo, in particolare i ministeri governati dai 5 Stelle, a rimettere mano a un provvedimento che ha già subito una prima modifica, anche se l'abolizione della «tassa sulla Panda» non è bastata a tranquillizzare i costruttori. Infatti, devono essere ancora emanati i decreti attuativi. E possibili interventi nell'ambito economico (imprese, grandi e piccole opere, auto) non sarebbero da escludere.

Nel governo, in proposito, c'è chi ha ben chiaro che i manifesti green, seppur abbiano un fine positivo, non bastano a risolvere il problema ambientale, visto che l'età media del parco circolante è di 11 anni. E qualche migliaio di veicoli elettrici in aggiunta non rappresentano la bacchetta magica.

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