Fca stringe sul terzo partner e sulla quotazione di Ferrari

Marchionne: «Tra 15 giorni pronti i documenti per l'Ipo del Cavallino Un'offerta per Gm? Ipotesi lontana. A Mirafiori basta Cig entro il 2018

Arese (Milano) In prima fila, davanti alla pedana lungo la quale è sfilata come una top model avvolta da un abito rosso la nuova Giulia, tra John Elkann e Sergio Marchionne c'era il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, emissario dell'«alfista» Matteo Renzi («Che bella la Giulia! Bentornata Alfa Romeo. Orgoglio, l'Italia riparte», l'immancabile tweet del premier). Accanto a loro, la moglie di Elkann, Lavinia, quindi Andrea Agnelli, il capo del mercato Emea di Fca, Alfredo Altavilla, il responsabile di Alfa Romeo e Maserati, Harald Wester, il cfo del gruppo, Richard Palmer, e Angelo Sticchi Damiani, presidente dell'Aci. In chiusura dell'evento, prima della cena di gala, hanno visitato, insieme agli altri ospiti, il rinnovato Museo di Arese.

Marchionne, archiviata la delicata presentazione della Giulia davanti alla stampa mondiale, si è subito rituffato nella realtà di questi giorni: la prossima quotazione del 10% di Ferrari a Wall Street; l'operazione di convincimento degli azionisti di General Motors sulla bontà del progetto di fusione; il futuro del sistema produttivo italiano, in particolare di Mirafiori. Chiusi, per ora, i capitoli Pomigliano d'Arco, Grugliasco e Melfi; e appena avviato il rilancio di Cassino, grazie al progetto Giulia, ora resta da organizzare la produzione, nella storico stabilimento torinese, del Suv Maserati Levante e dei modelli a seguire.

In proposito, su Mirafiori, l'ad di Fiat Chrysler Automobiles ha precisato che «prima del 2018 torneranno tutti dalla cassa integrazione». Solo un flash sul Cavallino rampante, prossimo al debutto alla Borsa di New York («i documenti per l'Ipo di Ferrari sono quasi pronti: li presenteremo in un paio di settimane»), mentre sul caso General Motors il top manager ha fatto chiarezza su chi, nei giorni scorsi, ha ventilato una possibile Opa ostile da parte di Fca. «Siamo molto lontani da scenari di questo tipo», la risposta dell'amministratore delegato. Dal quale è poi partita una frecciata verso il colosso di Detroit: «Chi non affronta il problema si comporta in modo ostile...».

Al caso Fca-Gm il «New York Times» ha dedicato un lungo articolo, che ha ricordato il leitmotiv di Marchionne sulla necessità di unire i grandi costruttori per assicurare una sostenibilità di lungo periodo al settore. Nello stesso articolo, il quotidiano Usa ha anche accennato ai risparmi di un'integrazione tra Gm e Fca: circa 10 miliardi di dollari.

«Questa operazione - si legge - consentirebbe alla famiglia Agnelli di restare azionista di riferimento di Gm. Gli azionisti di Fca non stanno cercando di vendere, perché le auto sono nel loro Dna. In una fusione senza il pagamento di premi con Gm», che capitalizza 58 miliardi di dollari rispetto ai 20 miliardi di Fca, «gli Agnelli vedrebbero ovviamente diluita la loro quota del 30% in Fiat Chrysler a circa il 7,5%. Tuttavia, ciò farebbe ancora degli Agnelli il maggiore azionista davanti al fondo sanitario Uaw».

Ieri, intanto, ritornando al tema Giulia, Marchionne ha ricordato come, «senza la fusione con Chrysler, Fiat non avrebbe avuto la possibilità e i numeri per avviare seriamente un rilancio del marchio Alfa Romeo.

Non li aveva per l'impegno finanziario richiesto, per le capacità tecniche necessarie e per la mancanza di una rete di distribuzione a livello globale. Alfa Romeo - la rassicurazione finale - resterà italiana anche con un'altra fusione».

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