La Fed dichiara guerra alla disoccupazione

Il nemico numero uno è la disoccupazione, poi si può combattere l'inflazione. Sulla lavagna della Federal Reserve cambiano le priorità, con un salto culturale in qualche modo figlio delle recenti elezioni presidenziali. Quando la corsa di Barack Obama per la riconquista della Casa Bianca ha rischiato di essere azzoppata dai troppi americani a spasso. Così, con una mossa a sorpresa, Ben Bernanke, l'uomo che avrebbe dovuto far le valigie e lasciare la poltrona presidenziale della Fed se avesse prevalso Mitt Romney, ha annunciato ieri che i tassi resteranno «eccezionalmente bassi» (attualmente sono tra lo 0 e lo 0,25%) fino a quando i senza-lavoro non saranno scesi al 6,5% (in novembre era al 7,7%). «Non ci sarà però un aumento automatico una volta raggiunto il target», ha però precisato Bernanke.
È una prima assoluta, quella dell'istituto di Washington. Che finora aveva sempre offerto alla comunità finanziaria una scadenza temporale entro la quale non ci sarebbe stata una rimodulazione del costo del denaro. Rimettere l'occupazione al centro significa riappropriarsi della vera mission della Fed: favorire la crescita economica. Ma nel corso degli anni questo precetto si era come sbiadito per perseguire un modello simile a quello della Bce, dove la priorità è mantenere sotto controllo l'inflazione. Adesso si cambia. E lo si capisce quando la Fed sottolinea che il carovita potrà salire «un po' oltre l'obiettivo del 2%».
È chiaro che questa nuova impronta sposta con maggior decisione le azioni di Bernanke sul versante degli stimoli all'economia. Ovvio: se il mercato del lavoro non riparte, la crescita è destinata a restare modesta. Le nuove stime collocano infatti nel 2013 l'espansione del pil tra il 2,3% e il 3% (contro la forchetta tra il 2,5% e il 3% stimata a settembre), mentre il tasso di disoccupazione è stimato tra il 7,4% e il 7,7% (tre mesi fa era atteso tra il 7,6% e il 7,9%) ma rientrerà nel target indicato del 6,5% solo nel 2015, quando si collocherà tra il 6% e il 6,6.
Ciò spiega il motivo per cui la Fed ha ignorato l'invito di molti economisti, decidendo di «ballare» ancora il Twist, cioè il programma con cui vengono acquistati bond a lungo termine in cambio di Treasury a più breve scadenza. Da gennaio, quando sarà esaurita la prima operazione Twist, la banca centrale Usa darà vita a un nuovo shopping di Buoni del Tesoro da 45 miliardi di dollari al mese. Inoltre, proseguirà ad assorbire obbligazioni garantite da mutui al ritmo di 40 miliardi di dollari al mese. In tutto, 85 miliardi ogni 30 giorni. Destinati a far salire l'ammontare del portafoglio Fed, che già sfiora i 3mila miliardi, una cifra tripla rispetto al periodo precedente la crisi dei subprime. Bernanke ha difeso le sue scelte: «La nostra strategia supporterà le spese degli americani», ha detto. E quindi, ancora un focus sui disoccupati: «Continueremo a stimolare l'economia Usa acquistando titoli finché non si assisterà a un sostanziale miglioramento delle prospettive del mercato del lavoro».
Al resto, dovrà provvedere il Congresso.

Serve un'intesa che eviti il «fiscal cliff», il pacchetto da 600 miliardi tra tagli alla spesa e aumenti delle tasse che scatterà a inizio 2013 senza un accordo sul deficit. Bernanke ha già messo tutti sull'avviso: la Banca centrale «non possiede gli strumenti per controbilanciare una caduta nel precipizio fiscale. Un rischio per l'economia americana».

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