Dopo quasi un anno passato a tergiversare, la Federal Reserve gioca finalmente a carte scoperte: il rialzo dei tassi in dicembre è in canna. Sono i verbali della riunione dell'1 e 2 novembre scorsi, diffusi nella serata di ieri, a mettere nero su bianco una decisione data ormai per scontata dai mercati, con la maggioranza dei componenti del consiglio favorevoli a una stretta che, sicuramente, non andrà oltre il quarto di punto. Prudenza inevitabile nell'agire che è la stessa che fa ancora dire alla banca centrale Usa che l'aumento del costo del denaro arriverà «relativamente presto». La stessa locuzione usata, non più tardi di una settimana fa, da Janet Yellen nella sua prima audizione davanti al Congresso dopo la vittoria del «nemico» Donald Trump.
Con il futuro inquilino della Casa Bianca i rapporti si preannunciano burrascosi. La presidente della Fed ha già spiegato di non aver nessuna intenzione di sloggiare da Eccles Building, di vedere come il fumo negli occhi la deregulation di Wall Street promessa dal tycoon e di voler a tutti i costi mantenere l'autonomia dell'istituto. Ora, però, c'è prima da tracciare la nuova rotta monetaria. Dall'osservatorio della Fed, che considera ancora «significativi» i rischi che derivano dalle banche europee, i tempi per un giro di vite ai tassi sono considerati maturi per come si va delineando la congiuntura economica (in particolare l'andamento del mercato del lavoro e dell'inflazione), ma anche per un'altra ragione ben esplicitata nelle minute: ovvero, «per preservare la credibilità (della banca, ndr), un incremento dei tassi dovrebbe verificarsi nel prossimo meeting». La Fed si è insomma resa conto di aver teso troppo la corda con una comunicazione pasticciata e di aver dato l'idea di aver perso la capacità di guidare (e determinare) gli eventi. Dal dicembre dello scorso anno, quando prospettava ben quattro rialzi dei tassi quest'anno, la Yellen e il board hanno subìto gli eventi. Dalla Cina alla Brexit, e fino al voto americano.
La stretta servirà quindi, soprattutto, a ricostruire quella credibilità andata in pezzi. Tanto più che la Fed non rischierà nessun tipo di reazione da parte di mercati che hanno già ampiamente metabolizzato il rialzo, mentre qualche dubbio resta sul Qe della Bce. Standard&Poor's considera «molto probabile» una sua estensione almeno fino alla fine del 2017.
Il compito più difficile comincerà l'anno prossimo, quando la politica monetaria Usa andrà a incrociarsi con la Trumpnomics. Il successore di Obama intende spingere sul pedale della spesa in deficit per sostenere un programma che ha come pilastri il rilancio delle infrastrutture e l'abbattimento delle imposte.
Un programma potenzialmente inflazionistico che potrebbe costringere la Fed, che ha sempre sottolineato come gli aggiustamenti sarebbero stati graduali, ad essere più aggressiva sul fronte dei tassi. Ed è tutto da verificare, però, se l'America sia in grado di sopportare questo peso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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